Il generale Mizintsev, il «macellaio» russo che conduce il massacro di Mariupol
«I miei ragazzi comunicano via radio di aver preso il municipio di Mariupol. La nostra bandiera sventola sul comune». Il ceceno Kadyrov si è attribuito così ieri sera la conquista attraverso un messaggio su Telegram. Non è arrivato a sostenere che la città assediata fosse caduta, ma solo di avere le mani su uno degli edifici più simbolici. Quel «via radio», poi, fa pensare che lui sia lì, poco lontano a guidare l’offensiva.
È un imbroglio, sostiene Meduza , il sito d’informazione che ha spostato la sua sede fuori dalla Russia per poter continuare ad informare libero dalla censura putiniana. La foto del «comune» che mostra Kadyrov non è di Mariupol, ma del quartiere satellite sulla riva sinistra del fiume Kalmius già sotto controllo russo da giorni.
Non è il primo bluff del leader
ceceno in questa guerra. Pochi giorni fa aveva detto di essere in
combattimento a pochi chilometri da Kiev e invece se stava tranquillo
nel cortile di casa in Cecenia, di fianco alle gabbie delle tigri dove
finiscono i suoi oppositori.
Anche senza le bravate kadyroviane, Mariupol non può resistere a lungo. Secondo i servizi segreti ucraini a supervisionare l’assedio c’è Mizintsev.
Da 10 anni il generale è a capo del centro nazionale di comando
della Difesa e su tutti i fronti caldi del revanscismo putiniano, dal
Caucaso alla Siria. Sulla carta un ufficiale troppo alto in grado per
una specifica area di conflitto, ma forse l’importanza dell’assedio per
il successo dell’«operazione speciale» russa giustifica il
coinvolgimento diretto del numero due delle Forze Armate.
Sarebbe quindi stato Mizintsev, da Mosca, ad ordinare di colpire le
infrastrutture civili (luce, gas, riscaldamento, telecomunicazioni) per
inasprire le condizioni dell’accerchiamento, lui ad aumentare via via la
potenza e il numero dei raid aerei, lui ad ordinare il bombardamento
dei rifugi dei civili (l’ospedale ginecologico, il teatro, la scuola
d’arte, oltre a innumerevoli condomini). Lui ora a dover schiacciare la
resistenza del contingente del maggiore Projipenko.
I social ucraini fanno rivivere, a ragione, per l’assedio di Mariupol la storia di Davide contro Golia, dei pochi contro i tanti. Davide è, in questo caso, Denys Projipenko, «eroe dell’Ucraina» e già leggenda, e Golia è il «macellaio» Mizintsev. Tre anni fa un neopresidente Zelensky dovette piegare il collo indietro per riuscire a guardare in faccia il gigante Projipenko, prima di decorarlo.
I suoi uomini e la 36° Brigata di marines ucraini riescono ancora a rallentare l’attacco. Ieri la sua brigata Azov avrebbe distrutto quattro blindati russi e anche fatto dei prigionieri. Su Projipenko il sospetto di neonazismo. Il governo ucraino sostiene che Azov è ripulito da elementi d’ultradestra da quando è entrato a far parte della Guardia Nazionale. Nelle condizioni attuali, però, è poco rilevante. Sono tremila uomini in trappola e nessuno sembra in grado di evitare il loro massacro.
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