La nuova accoglienza possibile: profughi senza veti in Europa

di Goffredo Buccini

È necessario rivedere il regolamento di Dublino, che vincola il migrante al Paese d’arrivo. Oggi sono i Paesi del gruppo Visegrad i più esposti al flusso di fuggitivi

Se davvero ogni crisi ha in sé pericoli e opportunità, quella dei rifugiati ucraini ne contiene per noi dosi notevoli in egual misura. È impossibile, infatti, non considerare i rischi connessi a un’ondata di profughi senza precedenti nel nostro continente dalla Seconda guerra mondiale in poi. E, tuttavia, sarebbe miope non intravedere il cambio di passo che questo flusso può generare in un quadro paralizzato dai veti quale è, da anni, la politica europea sulle grandi migrazioni. Di fronte a una simile accelerazione della storia, il Consiglio europeo, che in queste ore ha affrontato lo scenario della guerra di Putin quasi in contemporanea con i vertici del G7 e della Nato, s’è ritrovato, enfatizzata nei dossier, una questione a lungo rimossa, che ha da tempo ricadute dirette sul tasso di coesione delle società occidentali e persino sulla tenuta delle nostre democrazie. Il massacro dei civili, coi bombardamenti su scuole e ospedali, ha portato a fuggire dall’Ucraina fra i tre e i quattro milioni di profughi, con proiezioni Ue che prevedono si giunga ai sette milioni, in stragrande maggioranza donne e bambini: in un mese solo da noi ne sono arrivati sessantamila, un numero pari a tutti gli sbarchi in Italia del 2021 che avevano fatto gridare taluni alla ripresa della «immigrazione incontrollata».

Ma la situazione adesso è assai mutata, la mobilitazione internazionale diffusa e la consapevolezza (forse infine raggiunta) che le prime vittime delle guerre sono i civili hanno fatto sì che le braccia restassero (per ora) spalancate all’accoglienza. La differenza più grande riguarda i Paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca), i più orientali dell’Unione, i più esposti al pericolo rappresentato da Putin: e i più soggetti all’immenso flusso di rifugiati. Sarebbero loro i primi a patire gli effetti del regolamento di Dublino, che vincola il migrante al Paese d’arrivo (e alla cui riforma si sono sempre opposti quando noi la invocavamo). Sarebbero loro a trovarsi in condizioni assai peggiori delle nostre durante le crisi generate dalle cosiddette primavere arabe degli anni Dieci, se l’Unione non avesse attivato, per la prima volta dalla sua emanazione, la direttiva 2001/55, creata proprio per affrontare afflussi massicci di cittadini stranieri che non possano rientrare nei loro Paesi, soprattutto a causa di guerre, violenze o violazioni dei diritti umani. Con essa si attribuisce agli ucraini una protezione temporanea (ora di un anno, ma si arriverà a tre) grazie alla quale è possibile muoversi, lavorare, ottenere servizi in tutto il territorio Ue: un provvedimento che di fatto sospende per loro gli effetti del regolamento di Dublino.

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