La nuova accoglienza possibile: profughi senza veti in Europa

È dunque il momento, come da risoluzione di maggioranza approvata in queste ore nel Parlamento italiano, per spingere su una riforma radicale e condivisa del Trattato, costringendo i Paesi finora ostili a ragionare sulla ripartizione dei profughi e dei migranti per quote/Paese, sul percorso comune per i rimpatri e il controllo dei flussi, sulla riapertura reale ai permessi di soggiorno per lavoro (bloccati sostanzialmente da anni). Insomma, la crisi contiene una vera opportunità, per noi europei, segnatamente noi europei col Mediterraneo come frontiera: se solo sapremo coglierla.

Contiene tuttavia anche un pericolo ulteriore, già alle viste. Proprio per superare le resistenze di Visegrad, il Consiglio ha lasciato agli Stati membri il potere di decidere se applicare la direttiva o le normative nazionali in materia di protezione. E, soprattutto, ha limitato il diritto alla protezione temporanea alle sole persone «stabilmente residenti» in Ucraina. Bloccata sotto le bombe è rimasta una parte consistente dei cinque milioni di stranieri lì presenti (dato Onu 2020), lavoratori, studenti, richiedenti asilo, altri migranti di breve termine. L’allarme è stato dato dall’Istituto di ricerche Idos: si rischia di costituire due categorie di profughi, serie A e serie B. E si segnalano già molti respingimenti sulla base del colore della pelle. Qualche europarlamentare leghista dal pensiero semplice, diciamo così, ha paventato il rischio che l’Ucraina e il suo inferno diventino «un viatico per tutti quelli che scappano dall’Africa» (sic). Del resto, buona parte della destra mette paletti tra «i profughi veri» (gli ucraini) e quelli «finti» (gli africani), dimenticando che in Africa, in questo momento, è aperta una trentina di conflitti di varia intensità (una dozzina solo nell’area subsahariana), sono attivi numerosi tiranni e scappare dalla guerra civile del Tigrè, dagli Shabaab somali o dai lager libici non è poi così diverso dal fuggire dalle bombe di Putin. Soprattutto è nostro interesse nazionale non dividerci sui profughi e far leva così sull’Europa. Certo, sarebbe un’ipocrisia del politicamente corretto negare che gli ucraini, cristiani, europei e spesso legati a decine di migliaia di connazionali già presenti in Italia, appaiano più facili da integrare. Ma la vera scommessa è, come ha scritto un esperto di migrazioni quale Maurizio Ambrosini, estendere infine queste misure a tutti i rifugiati, di tutte le guerre. Ridisegnare da protagonisti mappe e identikit di chi ha diritto a muoversi in Europa è una partita che, quando questa guerra sarà finita, potrà cambiare il nostro futuro.

CORRIERE.IT

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