Putin non può darci lezioni
Solo nel mondo alla rovescia di Vladimir Putin può accadere che un suo ambasciatore denunci per istigazione a delinquere un giornale italiano, responsabile solo di raccontare la guerra che Santa Madre Russia sta conducendo in Ucraina. Una guerra sporca, che il Cremlino chiama “operazione militare speciale”, e che invece sta mietendo migliaia di vittime, sta distruggendo città, sta bombardando ospedali, scuole, teatri, palazzi. Com’era accaduto a Grozny e ad Aleppo. Sergey Razov accusa pubblicamente La Stampa, in una pseudo conferenza stampa improvvisa davanti alla Procura di Roma. Di cosa siamo colpevoli? Ricostruiamo i fatti.
Nei giorni scorsi siamo stati attaccati perché abbiamo pubblicato in prima pagina una foto che ritraeva una strage nel Donbass. Titolo: “La carneficina”. Senza ulteriori specifiche, né sul luogo esatto della strage né sui responsabili della medesima (ne avevamo scritto in una pagina intera il giorno prima, raccontando che russi e ucraini si rinfacciavano l’eccidio). Quell’immagine-simbolo aveva un solo scopo: descrivere gli orrori della guerra. Chiunque li avesse perpetrati. Già in quell’occasione l’ambasciata russa, col supporto della solita ondata di fango digitale cavalcata dai putinisti da tastiera, ci aveva accusato di disinformazione. In modo del tutto falso e strumentale.
Martedì scorso abbiamo invece pubblicato uno splendido articolo del nostro grande inviato di guerra, Domenico Quirico, che ha smontato un’idea molto diffusa nelle cancellerie occidentali: ormai l’unico modo per fermare la guerra sarebbe uccidere Putin. Quirico articolava la “teoria”, inquadrandola nei precedenti storici. La conclusione dell’articolo era chiarissima: chi segue questa corrente di pensiero si sbaglia e si illude. L’assassinio del Tiranno, oltre a essere immorale, sarebbe ancora più pericoloso. Potrebbe innescare processi incontrollabili in Russia. E addirittura peggiorare ulteriormente le cose. Bastava leggere l’articolo, per rendersi conto che la tesi di Quirico è che questo apparente “rimedio” sarebbe peggiore del male. Ma l’ambasciatore Razov, con tutta evidenza, finge di non averlo letto. E per questo denuncia La Stampa per apologia di reato e istigazione a delinquere. Come se noi esortassimo non si sa bene chi ad assassinare il presidente della Federazione Russa. Cioè l’esatto contrario di quello che abbiamo scritto.
A questa clamorosa manipolazione della realtà, che rivela una visione del mondo e un’insidia che ci riguarda tutti, rispondiamo in modo fermo e sereno. Non accettiamo critiche di “disinformazione” da un Paese che fa strage della verità e della civiltà. Non prendiamo lezioni da un Paese nel quale viene assassinata una giornalista scomoda come Anna Politkovskaja, vengono chiusi giornali e radio sgraditi al Cremlino, vengono silenziati social network. Nel quale vengono arrestati e condannati senza alcun motivo plausibile ex oligarchi come Khodorkovsky e dissidenti politici come Navalny. Nel quale vengono fatti avvelenare all’estero ex agenti dei servizi segreti come Livtinenko e Skrypall. Nel quale si viene arrestati e imprigionati solo per aver pronunciato la parola guerra, e viene repressa in modo violento qualunque forma di resistenza al regime.
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