Perché l’Italia è l’anello debole
Che cosa avvenne poi? Avvenne che, un pezzo alla volta, Putin costruì un sistema autocratico personale. Ma in Occidente non suonò il campanello di allarme. Non si mise in conto che il consolidamento di un potere autocratico avrebbe presto o tardi influenzato le relazioni esterne della Russia. C’è un diretto collegamento fra quel consolidamento e l’adozione da parte di Putin di una postura internazionale sempre più aggressiva nei confronti dell’Occidente.
Ma per forza d’inerzia o per quieto vivere, e per effetto dell’illusione sopra evocata, gli occidentali non presero subito atto della nuova realtà. C’è voluta l’aggressione all’Ucraina per scoprire come stanno davvero le cose.
Fin qui il problema generale. C’è poi il caso speciale dell’Italia. Talmente speciale che la Russia ora ci tratta con particolare aggressività: l’attacco al ministro Guerini, l’esposto dell’ambasciatore russo contro La Stampa. Sembra proprio che la Russia si senta tradita dall’Italia più che da qualunque altro Paese europeo. Aiutano a capirlo le ambiguità e contorsioni attuali di una parte abbondante dell’Italia politica, documentate da Paolo Mieli (Corriere, 28 marzo).
Anche in questa occasione l’Italia si conferma come una democrazia difficile. Il che ne fa per l’appunto un anello debole nei tempi duri che ci attendono. L’Italia è da sempre attraversata da robuste correnti antioccidentali, di destra e di sinistra, afflitta da un antiamericanismo tenace e dotato di proprietà camaleontiche, cucinato in varie salse politiche. Ne consegue l’ostilità (minoritaria ma tutt’altro che irrilevante ) alla Nato, un sentimento «trasversale», presente a destra e a sinistra, nonché in settori consistenti del mondo cattolico. È il «di più» che abbiamo rispetto ad altri Paesi europei e che ha contribuito ad accentuare la nostra dipendenza (psicologica prima ancora che economica) dalla Russia e la nostra conseguente vulnerabilità. Senza contare che siamo anche il Paese più condizionato da un ecologismo estremo (no al nucleare, no alle trivellazioni, eccetera) che ha favorito, negli anni, la nostra dipendenza energetica dalla Federazione russa.
Per le cause generali dette e per ragioni più specificatamente italiane, dipendenza energetica a parte, si è sviluppata nel tempo un’ampia rete di interessi, sia economici che politici, che collega il nostro Paese alla Russia.
Ciò che accade sul piano politico (le ambiguità di una parte dei 5 Stelle e della Lega, il silenzio di Berlusconi) suggerisce l’esistenza di più ramificate connessioni.
Per lo più, le guerre hanno la proprietà di bruciare le posizioni ambigue. Se, contrariamente alle aspettative, tali posizioni non verranno davvero punite dagli elettori, vorrà dire che le correnti anti-occidentali saranno state in grado di resistere persino alla guerra. Vorrà dire che l’Italia non cesserà di essere un caso speciale. Le guerre hanno anche, in genere, un effetto «costituente», forgiano, nei vari Paesi, gli equilibri successivi. Anche in Italia (come in Germania) molti interessi economici dovranno comunque riposizionarsi. Sul piano politico, sembra proprio che Enrico Letta e Giorgia Meloni, collocando immediatamente i loro partiti dalla parte dell’Occidente, si siano guadagnati i galloni, abbiano conquistato il diritto di essere i principali protagonisti/avversari della prossima stagione politica. In ogni caso, comunque si distribuiranno le parti, quali che saranno in futuro i nomi dei protagonisti, dei comprimari e delle comparse, la guerra ha generato una nuova divisione: fra chi vuole e chi non vuole togliere la testa dalla bocca del leone.
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