Guerra in Ucraina, i soldati russi gambizzati e la malvagità dei buoni

Il dato terribile è che non è un problema di ideologia. Chiunque si arruola nella crociata della guerra, ogni volta che crediamo di essere dalla parte della luce, del bene (e tutti pensano di esserlo) in realtà stiamo solo scegliendo i modi in cui compieremo le esecuzioni.

In guerra le torture, le distruzioni trasmettono messaggi: chi viola le regole, le convenzioni internazionali che in taluni casi non hanno nemmeno firmato (ma non sono forse una astrazione, un diritto che esiste solo per chi è in pace?), fa ricorso a una violenza sproporzionata sui civili inermi, su una città crocefissa, su prigionieri che si sono arresi, in realtà fa una dichiarazione. Lascia un biglietto da visita, «ci avete attaccato, non tornerete a casa con le vostre gambe…». Oppure «ci avete traditi, vi faremo pagare il conto…».

La guerra mette a nudo il potenziale di malvagità che si annida appena sotto la superficie in ciascuno di noi. Non illudetevi. In guerra anche le persone miti ne vengono modellate. Quando ne assumono la droga anche quelli che ne sono costretti dalla violenza dell’altro, quelli che resistono, prima o poi provano esattamente ciò che provano i loro nemici compresi quelli che definiscono barbari e incivili.

È un meccanismo davvero infernale. Il nemico rappresenta sempre il Male assoluto. E quali regole volete che si debbano rispettare quando si ha a che fare con il Male? Il patriottismo spesso è una forma appena velata di esaltazione collettiva, serve a maledire la perfidia di chi ci odia e attacca, non certo a rafforzare la necessità della nostra clemenza e umanità.

E se fosse vero che i confini della personalità umana in guerra diventano così fluidi da impedirci di sapere chi siamo in realtà? Ma allora dove è la differenza, l’abisso indispensabile che deve separare le guerre delle democrazie da quelle delle tirannidi? In quello che accade dopo: aver fiducia nella giustizia che è il nostro privilegio di uomini liberi, giustizia che è stata annichilita e resa incerta dalla guerra. Le dittature premiano chi si è abbandonato alla malvagità della guerra perché vi riconoscono il suddito perfetto e coprono i suoi delitti sotto il panno della vittoria che dovrebbe cancellare tutto. Le democrazie non dimenticano, indagano, accusano, puniscono i colpevoli.

Molti hanno presentato questa guerra tra nazioni, l’eterno duello tra prepotenti e aggrediti, come una sfida tra le democrazie e l’autoritarismo. Ecco: anche dall’investigare e punire, se vere, le violenze dei propri soldati sapremo giudicare in quale delle due parti Ucraina e Russia militavano.

LA STAMPA

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