Quell’assurda voglia di crisi

E dunque? Stallo messicano. Con il Pd innervosito dai continui strappi di quello che dovrebbe essere l’alleato con le maggiori affinità elettive, Salvini incapace di applaudire a un voto che preveda più soldi per aerei e cannoni e Conte – consapevole che la sua popolarità potrebbe sensibilmente ridursi nel giro di un anno e dunque tentato dal voto a giugno – deciso a spostare il proprio baricentro a seconda delle curve dei sondaggi. La politica c’entra moltissimo, eppure non c’entra nulla, perché ormai i leader del populismo all’amatriciana hanno consegnato l’organizzazione del nostro futuro a degli strambi algoritmi, rinunciando definitivamente alla logica e – se la parola ha ancora un senso – agli ideali. Difficile non notare una trama falsa nel tessuto dei loro pensieri e una falla nella tolda della nave comune. Draghi e il Pd da una parte, i 5 Stelle e la Lega sul fronte opposto. Non stupisce allora che il premier salga al Quirinale. La crisi c’è già. Anche se non ci sarà. Ma fino a quando? Succede nel giorno in cui l’Armata Rossa si allontana da Kiev facendo inevitabilmente emergere ancora due domande: che cosa sarebbe successo se Zelensky si fosse arreso dal primo giorno come continuano a chiedere i “complessisti” di casa nostra? Che cosa sarebbe successo se non avesse avuto le armi?

LA STAMPA

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