Giuseppe Conte preferisce bombardare Draghi? Chi non teme Putin non si intimorisce davanti al nulla

Alessandro Sallusti

È presto per tirare conclusioni certe ma ieri la trattativa per mettere fine al conflitto in Ucraina ha fatto, sotto l’egida del presidente turco Erdogan, un sostanziale passo in avanti. Mosca ha annunciato un allentamento delle operazioni militari e Kiev ha accettato di discutere sul futuro delle due regioni contese, la Crimea (già di fatto autonoma e filo russa da anni) e il Donbass a maggioranza russofona. C’è da scommettere che ognuno dei due contendenti – se si raggiungerà un accordo in tal senso- canterà vittoria.

Ma se guardiamo le posizioni di partenza non c’è dubbio che l’Ucraina esce a testa alta da un conflitto impari per forze militari in campo e Putin deve ridimensionare di molto le folli ambizioni di annettersi, o quantomeno addomesticare, l’intera Ucraina. Evidentemente lo zar ritiene che andare avanti non gli porterebbe più alcun vantaggio strategico e che viceversa il prezzo da pagare per una lunga guerra sarebbe eccessivo – in vite umane e rubli – anche per la grande madre Russia. Tutto ciò dimostra oggettivamente una cosa: altro che resa umanitaria, contro i tiranni bisogna resistere e combattere a costo del martirio e per tentare di fermarli c’è bisogno di tutto l’aiuto possibile, comprese armi e tecnologia militare. Se Putin dovesse davvero fermarsi – cosa che ripetiamo è ancora tutta da verificare- e rinunciare a occupare l’Ucraina è soltanto per l’eroismo degli ucraini e perle armi dell’Occidente, che uniti alle pesanti sanzioni economiche lo hanno portato a più miti consigli.

Chi sperava di convincere Putin a trattare usando belle parole si deve ricredere, i criminali capiscono solo i rapporti di forza. E chi, come Giuseppe Conte e i suoi grillini, pensa ancora che non sia il caso di aumentare la risibile spesa militare, che un conflitto si fermi disarmando uno dei due contendenti, per di più non l’aggressore ma l’aggredito, può aprire una confraternita, in questo caso filo delinquente – non certo guidare un Paese che aspira ad avere un posto nel mondo libero.

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