A Chernobyl i soldati russi «si sono ammalati per l’esposizione a radiazioni nucleari»
L’area di Chernobyl, secondo l’agenzia ucraina per l’energia atomica, è tornata sotto il controllo di Kiev dopo che, sempre secondo le autorità ucraine, alcuni militari russi erano stati portati in ospedali specializzati in Bielorussia dopo aver attraversato e scavato trincee nella «foresta rossa», l’area più contaminata della Terra
La centrale nucleare di Chernobyl è
«tornata sotto il controllo delle autorità di Kiev, dopo che la Guardia
nazionale russa lo ha trasferito ai militari ucraini». Lo riferisce il
Wall Street Journal, allegando un documento siglato dalla società
statale che gestisce gli impianti nucleari, Energoatom. La notizia, come
sempre da prendere per ora senza un’assoluta certezza a causa delle
difficoltà nel raccogliere fonti, è arrivata alla fine di una giornata
di ansie e preoccupazioni iniziate dopo che le autorità ucraine avevano
comunicato che parte delle truppe russe che avevano occupato l’area
della centrale nucleare di Chernobyl si stavano ritirando, muovendosi
verso la Bielorussia, ma per problemi di salute. Secondo alcuni
dipendenti ucraini di Energoatom, i militari sono stati esposti a
significative quantità di radiazioni dopo aver attraversato e scavato
trincee nella «Foresta rossa», di fatto l’area più contaminata della
Terra intorno alla centrale. Alcuni soldati russi sarebbero ricoverati
in un ospedale bielorusso specializzato nella cura di malattie dovute
all’esposizione a radiazioni nucleari.
Se fosse confermata la notizia secondo cui i militari russi sono stati ricoverati per l’esposizione alle radiazioni di Chernobyl (qui le foto satellitari della centrale nucleare) sarebbe
un campanello di allarme per tutti.
Per diversi motivi: è difficile pensare che qualcuno possa non
sapere che l’area del sito esploso per un difetto al reattore RMBK nel
1986 è fortemente contaminata tanto da essere stata interdetta
all’essere umano con un perimetro di esclusione per l’intero secolo a
venire. È radioattiva l’aria che si respira, è contaminata la terra,
sono pericolose le acque. La polvere di quel maledetto 26 aprile si è
posata ovunque. Senza contare che in un perimetro che ha come raggio
almeno 30 chilometri dal reattore esploso sono state interrate
tonnellate di materiali utilizzati per intervenire subito dopo il
disastro: rifiuti della morte. È la natura della radioattività: gli
stessi quaderni di Marie Curie, la scienziata che ha scoperto il radio
(da cui viene la stessa parola del fenomeno), sono ancora oggi
radioattivi. Come potevano non conoscerne gli effetti proprio le truppe
russe?
È vero che negli ultimi anni era emerso in Ucraina anche un macabro
turismo di Chernobyl, con la visita all’area di alienazione o di
esclusione come è stata chiamata: una sorta di luna park della
desolazione radioattiva con partenza da Kiev (dista circa 100
chilometri). Ma, appunto: anche il turismo era legato al rispetto di diversi fattori di sicurezza.
Innanzitutto dopo 37 anni il livello medio delle radiazioni nell’aria
che si misura con l’intensità della dose gamma ambientale si è
stabilizzata: non sono più letali, ma solo se prese a piccole dosi
nell’arco di un’unica giornata, e comunque rispettando le regole. In
ogni caso, anche nel turismo venivano prese delle precauzioni, sia per
quanto riguardava l’abbigliamento e le maschere, sia per quanto
riguardava l’interazione con l’ambiente. Alcune aree più esposte (le
radiazioni non sono distribuite in maniera uniforme) erano
religiosamente evitate grazie a dei contatori geiger. Come
mai le truppe russe non avrebbero rispettato le elementari regole a
conoscenza di tutti? Stanno sottovalutando la pericolosità dell’area
come dimostrerebbero anche gli attacchi dei primi giorni e i ripetuti
incendi dell’area limitrofa che, bene che vada, sollevano nell’aria
polveri pericolose che poi possono essere traportate dal vento? È questa
la domanda che preoccupa. Non possono non tornare alla memoria quei
giorni del 1986 in cui l’Urss aveva prima di tutto negato l’evidenza.
Mentito agli stessi cittadini sovietici.
Secondo fonti bielorusse e ucraine i soldati sono stati portati in un ospedale bielorusso specializzato nel trattare malattie scatenate dall’esposizione a radiazioni atomiche, poiché presenterebbero sintomi acuti da contaminazione nucleare. Le truppe sarebbero entrate con mezzi pesanti anche nella «Foresta rossa», la foresta di pini che deve il suo nome al fatto che la punta degli alberi divenne rossa a causa delle radiazioni assorbite nell’esplosione del reattore della centrale; secondo l’agenzia Reuters, in quella zona nemmeno i lavoratori della centrale nucleare potevano andare. «Non c’è nessuno lì», ha testimoniato Valery Seda, direttore generale di Chernobyl, alla Reuters. «Per l’amor di Dio, no, non ci va mai nessuno».Un funzionario del ministero della Difesa degli Stati Uniti aveva comunque confermato, nella giornata di mercoledì 30 marzo, che alcune forze russe si stavano ritirando dal sito nucleare. Dunque un parziale spostamento c’è sicuramente stato. Forse totale. Ne va compresa la natura.
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