A Chernobyl i soldati russi «si sono ammalati per l’esposizione a radiazioni nucleari»
La notizia dell’esposizione sarebbe la conferma diretta di uno scarso equipaggiamento da parte delle truppe russe,
di una improvvisazione, di una operazione non pianificata e comunque
di una disattenzione e superficialità nel trattare l’area di Chernobyl:
tutto ciò non può non portare alla conclusione che la situazione non
sia così sotto controllo.
«Chiediamo che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite prenda
subito delle misure per demilitarizzare la zona di esclusione di
Chernobyl ed introdurvi una missione speciale dell’Onu per eliminare il
rischio che si ripeta una catastrofe nucleare» aveva già detto la vice
premier ucraina Iryna Vereshcuk.
Vale la pena ricordare che quando Putin aveva fatto occupare la centrale di Chernobyl, lo scorso 24 febbraio, i sensori avevano registrato un picco nel livello dell’intensità di «dose gamma ambientale»: da circa 3.000 nano Sievert all’ora (nSv/h) a oltre 65 mila nSv/h (1 Sievert equivale all’assorbimento, da parte dell’intero corpo umano, dell’energia di 1 joule per kg di peso corporeo, per effetto dell’esposizione a radiazione gamma di origine cosmica o terrestre in aria, in ambiente esterno). Il picco, secondo gli esperti, sarebbe stato causato dal solo spostamento di mezzi militari pesanti sul terreno avvelenato di radiazioni intorno al sito.
Ma anche con l’occupazione di altri siti nucleari, come quello di Zaporizhzhia (dove si trovano 6 reattori attivi, ora in parte spenti dai russi, che fornivano da soli circa un quarto dell’energia totale dell’Ucraina), gli esperti nucleari dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, hanno lanciato segnali di moderata tranquillità: l’Europa è difatti piena di centrali di rilevazione dell’intensità di dose gamma ambientale, tanto che il Joint Research Centre della Commissione Europea rende pubblici i dati.
Chernobyl, chiaramente, è un caso a parte. Sappiamo, come detto, che anche in condizioni pre-belliche, il livello superava i 3.000 nSv/h, una percentuale che permetteva al limite l’infelice turismo «mordi e fuggi». Ma poco altro: anche gli staff tecnici ucraini che seguono e monitorano in loco la centrale e il guscio di cemento e acciaio che protegge il vecchio reattore sovietico dovevano seguire dei rigidi protocolli sui turni messi inizialmente in crisi dalle truppe russe. Dalla mappa generale dell’Ucraina del Joint Research Centre oggi i livelli di radiazione massima risultano paradossalmente anche scesi sotto i 500 nSv/h, un limite che, fino a poco fa, veniva superato in alcune aree come il confine tra Ucraina e Bielorussia (dunque proprio vicino all’area di Chernobyl). L’intensità può dipendere da molti fattori, anche ambientali, come il vento che solleva la polvere radioattiva da Terra. Ma, secondo quanto confermato dall’Aiea, in realtà le centraline delle aree occupate non trasmettono più dati. Questo non vuole dire che in caso di aumento importante delle dosi gamma le altre centrali europee non sarebbero in grado di rilevare la variazione: le radiazioni si sposterebbero mettendo in allarme le centraline nei Paesi vicini. Ma di certo non conosciamo la reale situazione ambientale dell’area di esclusione. Intanto alcuni dati della mappa risultano «non aggiornati». Come ha dovuto riconoscere anche l’Aiea: «Le informazioni ora ci arrivano dai militari russi». Se fosse confermata l’incoscienza mostrata nei confronti delle proprie truppe come potremmo fidarci delle informazioni fornite all’esterno?
Per questo una missione di osservatori neutrali nell’area della morte diventa sempre più importante.
Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina
Come nota Kim Willsher sul Guardian , se la vicenda fosse confermata, mostrerebbe un livello di inconsapevolezza dei pericoli della «zona di esclusione» stupefacente o una volontà criminale, da parte dei comandi russi, di mandare allo sbaraglio le proprie truppe in un’area ancora pericolosissima.
Gli ucraini che lavorano a Chernobyl — citati dallo stesso Guardian — hanno descritto come una «missione suicida» l’arrivo di soldati senza dispositivi di protezione nell’area intorno alla centrale.
L’Ucraina ospita 15 reattori nucleari (di cui 8 attualmente in funzione) in 4 centrali: una di esse, quella di Zaporizhzia, è attualmente sotto il controllo russo.
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