Guerra Russia-Ucraina, l’ora dei traditori
Ieri Zelensky ha annunciato che si è dovuto liberare di un paio di generali. Liquidati, congedati, messi a riposo, fucilati? Chissà… La cosa certa è che la loro disgrazia era collegata all’accusa di esser “traditori” intemerati. Quando entra in scena questa parola per così alti gradi rischia di diventare subito protagonista, il motto “bisogna finirla con questa gentaglia infida” non ha mai altro significato che l’avvio della liquidazione sistematica di tutti quelli che non sono allineatissimi.
Tutti i repulisti si assomigliano, uno vale l’altro, dietro le belle parole della caccia ai traditori veri o inventati c’è sempre la paura. Non si elimina se non per paura, l’odio per chi avrebbe barattato la sicurezza dei propri fratelli è soltanto un alibi.
Questa marea inizia di solito quando le cose vanno male, nessuno tradisce quando si vince. Allora risucchia tutto ciò che trova e se lo porta via: civili qualunque, miliziani che pensano di disertare, generali dello stato maggiore, incauti che hanno inviato un messaggino ambiguo, gente fuggita dalla zona occupata dal nemico ma che non ha le carte in regola della sventura del profugo. E poi viene chi non è in linea, che dubita, propone alternative, negoziare. Nulla può resistere alla tentazione magnetica di ripulire. O con noi o contro di noi.
Lo scenario è sempre lo stesso. Colpi discreti all’appartamento del sospetto, lussuoso o semplice tugurio, lo stesso bisbiglio del ricercato che mormora con il cuore stretto dall’angoscia il suo stupore e la certezza in un equivoco.
Mentre si chiacchiera sull’uscio il mezzo della sicurezza romba discretamente in strada attendendo.
«Andiamo al comando, un controllo, non si preoccupi…», rassicura il capo dei cacciatori di nemici occulti. L’imbarco sulla camionetta, dentro stipati altri due o tre colleghi: scuri, rassegnati, lo sguardo vagante. La macchina scricchiolando riparte. La quinta colonna smascherata entra nel buio, nel mistero. Forse alla fine della guerra si scoprirà il loro destino: «Un errore… Erano fedelissimi… Succede che tempi erano quelli non si poteva andare per il sottile…» oppure «Meglio seppellirli nel silenzio, qualcosa avevano certo macchinato, che vergogna per chi non ha dubitato…».
LA STAMPA
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