Draghi al bivio sul blocco del gas: “Se si fa, non ci tiriamo indietro”
Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio lo ha ammesso: «Non escludiamo che nelle prossime ore ci possa essere un dibattito sullo stop all’import del gas russo». Dovesse essere così, «l’Italia non si volterà dall’altra parte». La sensazione tra i ministri è che si stia inesorabilmente scivolando verso una tagliola che sembra ogni giorno sempre più l’unico epilogo possibile. La macchina della distruzione di Putin non si ferma. La frustrazione di una vittoria mutilata se non impossibile alimenta la violenza e la rabbia militare di trovarsi di fronte a una resistenza che ha unificato l’Occidente e richiamato la difesa dei Paesi Nato. Il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato l’invio di nuove armi a Kiev, e dalla Difesa confermano che l’Italia farà altrettanto, come chiesto dagli alleati americani.
Ma per il governo ucraino l’arma che a questo punto può davvero piegare Putin per costringerlo verosimilmente a un negoziato più credibile sono le sanzioni sul gas. In Italia è il Pd a spingere per rompere ogni esitazione. Bucha è il punto di non ritorno, secondo Letta. «Non è più tempo di compromessi», sostiene. E la previsione della segreteria, alla luce anche di quanto ha dichiarato la ministra della Difesa tedesca, è che «l’embargo totale sarà l’approdo inevitabile». È una scelta che non va subita, secondo i dem, o «una decisione altrui cui accodarsi». È un messaggio diretto a Draghi e agli alleati di governo che temono i contraccolpi sul fabbisogno italiano. Ieri, l’indignazione tra i leader è stata totale. Per il presidente Giuseppe Conte «non dobbiamo rassegnarci all’ineluttabilità della guerra, non possiamo accettare questa carneficina». Per Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, «una barbarie che riemerge dalle epoche più buie della storia europea». Nessuno, però, a parte Letta ha voluto esporsi fino a chiedere l’addio del metano di Putin. Come Stato fondatore dell’Ue, della Nato e come membro del G7, l’Italia, secondo il Pd, deve misurarsi con il proprio destino. Al Nazareno si discute di un pacchetto di proposte per far fronte all’emergenza e si parla esplicitamente di prepararsi a un’«economia di guerra», espressione che fino a ieri il presidente del Consiglio ha evitato in tutti i modi di pronunciare. Ma è un orizzonte che tiene comunque in considerazione. In queste settimane il governo ha lavorato a un eventuale choc energetico conseguente al blocco russo. E in previsione, se la situazione dovesse richiederlo, resta la riattivazione delle centrali a carbone. La scommessa, intanto, è sugli stoccaggi, sulla bella stagione che tra qualche giorno riporterà temperature più calde e sui nuovi approvvigionamenti. Ieri l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi era ad Algeri, per parlare di una partnership con Sonatrach e per definire l’accordo per un aumento delle forniture del gasdotto TransMed che sarà poi Draghi a celebrare nei prossimi giorni con la prevista visita nel Paese nordafricano.
LA STAMPA
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