Stiamo facendo abbastanza, per l’Ucraina?

Paolo Giordano

Sembra che nessuno abbia il coraggio di dire che l’invasione dell’Ucraina rappresenta il fallimento della pace basata sulla deterrenza nucleare. O forse non l’ho sentito dire io. Il principio della deterrenza ha funzionato per quasi ottant’anni, e ottant’anni sono un tempo breve o lungo a seconda di come lo si guarda. Ma il principio della deterrenza ha sempre funzionato «fino a prova contraria». Ora la prova contraria è arrivata, e si chiama Ucraina.

Gli esperti di provocazioni Nato mi perdoneranno se dopo le immagini arrivate da Bucha oso semplificare un po’, ma davvero non riesco a spiegare il nostro atteggiamento verso questa guerra diversamente: stiamo lasciando che
un popolo che sentiamo vicino, europeo, e che vorremmo soccorrere,
anzi che merita di essere soccorso, venga invece invaso e massacrato, perché temiamo una ritorsione nucleare nei nostri confronti
. Da garanzia di pace, la deterrenza è quindi diventata il suo opposto: garanzia di impunità, di diritto all’aggressione, nonché della nostra impotenza al riguardo.

Ma esiste anche un’altra forma di deterrenza in cui credevamo, e che fallisce oggi, sempre in Ucraina: quella dell’informazione. L’idea, forse ingenua eppure presente in molti di noi, che sotto i riflettori accesi non si potessero commettere determinate atrocità. L’idea che lo sguardo della comunità internazionale avesse un potere dissuasivo rispetto alle ambizioni sfrenate dei singoli, perché siamo tutti legati, quanto meno da interessi economici. «Il mondo sta guardando» è un avvertimento che ci ha rassicurato a lungo, implicitamente, proprio come la «pace nucleare».

Se crimini contro l’umanità si erano prodotti in alcune aree di recente, era stato anche perché quei luoghi erano parzialmente fuori dal cono di luce dell’informazione, quindi meno protetti. Ma l’Ucraina no. Non c’era alcun dubbio che il mondo avrebbe visto lo slalom di quel mezzo militare fra i corpi giustiziati, che avrebbe visto le foto satellitari della fossa comune e quelle ravvicinate dei corpi ammassati e carbonizzati. Allora come si spiega Bucha?

Si spiega, forse, con la consapevolezza nuova che non esiste nessun mondo che guarda. Esistono invece più mondi, almeno due, nei quali la realtà è addirittura speculare. E in uno di questi mondi, non ha alcuna importanza che gli altri stiano guardando o meno, che sappiano. Essere sotto i riflettori accesi non è più una salvezza per nessuno. Se avevamo creduto in un mondo ormai unificato, almeno dalla tecnologia, be’, ci eravamo illusi. Da più di un mese (ma in effetti dal 2014) gli ucraini ci stanno dicendo con la massima chiarezza, non a quale mondo vorrebbero appartenere, ma a quale già appartengono. Ma per noi? All’indomani di Bucha abbiamo l’obbligo di domandarcelo: di quale dei due mondi fa parte l’Ucraina, per noi?

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.