Stiamo facendo abbastanza, per l’Ucraina?


Dopo i primi giorni di guerra ho dovuto impormi una regola sull’utilizzo di Twitter, perché avevo cominciato ad aprirlo anche in piena notte e riconoscevo i primi sintomi di un burnout da eccesso di aggiornamenti. Il flusso di informazioni dall’interno dell’invasione è stato continuo e massiccio, ci ha praticamente travolto. E tuttavia, questo non ha frenato nessuna azione da parte dell’esercito russo. Non ha posto alcun argine di convenienza alla brutalità.

Ieri, Human Rights Watch ha pubblicato un report dal titolo «Apparent War Crimes in Russia-Controlled Areas». L’aggettivo «apparent» non deve trarre in inganno, è un falso amico, e qui significa «evidente». Ci sono le evidenze dei crimini contro l’umanità compiuti in Ucraina da parte dei russi. «Includono un caso di stupro reiterato; due casi di esecuzioni sommarie, una di sei uomini, l’altra di uno; e altri casi di violenza illegale e minacce contro i civili fra il 27 febbraio e il 14 marzo 2022. I soldati (russi) erano anche implicati nei saccheggi di proprietà civili, tra cui cibo, vestiti e legna. Coloro che hanno perpetrato questi abusi sono responsabili di crimini contro l’umanità».

Quelli riportati da Human Rights Watch sono eventi specifici, documentati, non aneddotici. Ma ovviamente rimandano a un quadro generale molto più ampio, fatto — è essenziale ripeterlo — di esecuzioni di civili, violenze sessuali, furti, deportazioni, impiego di armi non convenzionali. Sapere tutto questo cosa comporta? Cosa comporta per noi resto dell’occidente, per noi resto dell’Europa? Per alcuni, me compreso, che forse tendo a semplificare, la risposta coincide con il domandarsi esclusivamente se il supporto che stiamo fornendo all’Ucraina — bellico e non, ma soprattutto bellico — sia commensurato o no alle notizie che ci arrivano.

Invece il nostro dibattito pubblico si incaglia molto prima. Si incaglia addirittura sulla realtà di quello che stiamo guardando. Come se preferissimo, tutto sommato, mantenerci a cavallo dei due mondi. Se in Russia la verità dei fatti viene programmaticamente rovesciata, qui da noi si producono forme più striscianti di mistificazione, si elaborano formulazioni alternative, si suggeriscono paragoni intriganti, in modo che il fatto in sé perda la sua capacità di interrogare. O comunque venga distillato. Così, la linea dell’accettabilità può essere spinta sempre un po’ in avanti.


Ma se Mariupol non bastava, ora c’è Bucha. I pacifisti, i contrari all’invio di armi e a un nostro coinvolgimento di sorta, gli autodesignati «complessisti» potranno facilmente dire che qualsiasi guerra produce crimini contro l’umanità. Anzi, che la guerra stessa è un crimine contro l’umanità. Certo che lo è. Ma si tratta di un ragionamento che non porta lontano, che ancora una volta schiva i fatti crudi, e nega Bucha in quanto Bucha.

CORRIERE.IT

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