Gas, Draghi prudente sul blocco. L’ipotesi di usare conti vincolati
La diplomazia di Palazzo Chigi lavora con grande prudenza. Nella consapevolezza di quanto sia complesso bilanciare spinte diverse ma a loro modo tutte egualmente motivate e per certi versi ragionevoli. È per questo che sull’eventualità di un embargo Ue al gas russo l’Italia si limita a una posizione di sostanziale attesa. «Se tutta l’Europa è d’accordo, certo non saremo noi a tirarci indietro», è la linea che filtra da giorni dalla presidenza del Consiglio. Approccio che viene messo nero su bianco a Zagabria da Di Maio. Sul blocco dell’import di petrolio e gas dalla Russia, spiega infatti il ministro degli Esteri, «l’Italia non ha mai posto alcun tipo di veto». Posizione che provoca al ministro degli Esteri minacce di morte sui social. «Massima solidarietà a Di Maio – dice con chiarezza Draghi -. Il governo appoggia in pieno il suo impegno a difesa dell’Ucraina e a favore della pace».
Se da una parte sono evidenti le motivazioni geo politiche che spingono in un senso – il deciso pressing di Washington e le indiscutibili ragioni umanitarie davanti alla devastazione di Bucha – dall’altra non sono trascurabili le ricadute economiche. L’Italia, con la Germania, è uno dei due Paesi europei che più dipende dal gas russo. Non è un caso che l’invasione di Mosca in Ucraina abbia «stravolto il quadro» anche in vista del Def che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri giovedì. Ieri mattina, Draghi e i ministri Franco (Economia) e Giorgetti (Sviluppo economico) avrebbero convenuto sul fatto che la previsione di crescita potrebbe scendere sotto il 3% del Pil, mentre solo qualche mese fa si parlava di un 4,2% nello scenario tendenziale.
Che Palazzo Chigi si muova con grande prudenza, dunque, è comprensibile. Anche sotto il profilo strettamente diplomatico, visto che da qualche settimana Draghi sta cercando di ritagliarsi un ruolo centrale in una possibile mediazione con Putin. Ed è evidente che tutto ciò non sarebbe possibile se l’Italia diventasse il capo fila dei Paesi favorevoli all’embargo del gas russo. Così, il premier continua a sostenere la bontà del cosiddetto price cap, un tetto europeo per regolarne e controllarne il prezzo. In alternativa, è allo studio l’ipotesi di sospendere i pagamenti diretti a Mosca, dirottandoli su un conto vincolato al quale Gazprom potrà accedere solo quando ci sarà il «cessate il fuoco». Un’eventualità su cui si stanno confrontando le diverse cancellerie europee e su cui è stato chiesto un parere anche alla Commissione Ue. Se davvero Putin ha intenzione di chiudere il conflitto in tempi ragionevoli, infatti, la forzatura potrebbe avere dei margini di manovra. Il Cremlino, d’altra parte, si troverebbe a dover scegliere tra l’incassare i proventi comunque a breve oppure chiudere i rubinetti ma nella consapevolezza che ciò significherebbe – nel giro di circa un mese – fermare gli stabilimenti.
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