Qualcuno spieghi agli italiani che c’è la guerra. E non è gratis

Le proposte che domani illustrerà il Pd sull’economia di guerra, hanno il merito di sdoganare, fuor da ogni ipocrisia anche cattolica, quella parola, guerra, anche sul fronte interno. Di non considerarla altro da noi, in termini di politiche necessarie da mettere in campo. Però resta il limite di un grande discorso pubblico che leghi il calo del potere d’acquisto ai principi, crudo e sanamente pedagogico di efficacia pari a quello messo in campo dal pacifismo ipocrita, dal complottismo in servizio permanente effettivo, dal filo-putinismo politico della destra.

In assenza di una grande sollecitazione alle coscienze, come fu quella di Ciampi dopo l’11 settembre del 2011 a reti unificate o di Mattarella ai tempi del Covid, ma non ancora oggi, sulla sfida che scuote l’Europa e l’Italia, il discorso pubblico risente di un milieu di ambiguità e di antichi condizionamenti da parte di una classe dirigente politica ed economica che, spintasi oltre il limite del consentito, non è in condizione di sterzare, in attesa del prossimo talk, del prossimo sondaggio, del prossimo allarme sul Pil, che – sai che notizia – in tempi di guerra cala.

L’HUFFPOST

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