Remuzzi: «La diffusione della variante XE è già iniziata, probabilmente anche in Italia: ecco perché è motivo di preoccupazione»



La comparsa della variante XE ci deve preoccupare?
«Sì, perché si tratta di una variante ricombinante, ovvero che ha unito in sé parti di Omicron BA.1 e di Omicron BA.2. Al contrario di altri ceppi ricombinanti, come Xd e Xf (mix tra Delta e Omicron), che non hanno grande diffusione, Xe sta prendendo piede in Inghilterra (dove l’attività di sequenziamento è molto intensa) e ci aspettiamo che possa essere già presente anche in Italia».

Come nascono questi mix?
«È possibile che un soggetto sia stato infettato contemporaneamente da due varianti diverse e che i virus, durante la replicazione, abbiano subito un mescolamento del materiale genetico. Se la variante ricombinante ha un vantaggio evolutivo nella capacità di trasmissione diventerà predominante rispetto alle precedenti ed è quello che potrebbe succedere con Xe. L’unica arma di difesa che abbiamo è potenziare i sistemi di sequenziamento per non farci cogliere impreparati. Ricordiamo però che, quando “vediamo” qualcosa, è perché la diffusione è già iniziata».

La pressione sul sistema sanitario si mantiene stabile. È un buon segno?
«In realtà su questo punto abbiamo un grosso problema ed è il terzo motivo di preoccupazione. Tra il 5 e il 10% dei pazienti guariti da Covid presenta sequele di vario genere, una condizione erroneamente definita “Long Covid”: abbiamo quindi una platea di persone che non sono né malate né sane e che peseranno nei prossimi anni sul sistema sanitario. C’è però una buona notizia: secondo gli ultimi studi, citati in un editoriale su Nature , la vaccinazione con tre dosi riduce del 50% il rischio di complicanze nel lungo periodo dopo l’infezione».

Le mascherine ci proteggono ancora?
«Sì, è fondamentale mantenere questo semplice presidio di sicurezza, considerando che lo scenario è in forte evoluzione».

CORRIERE.IT

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