La vergogna del saccheggio: come i loro nonni nella Germania nazista i soldati russi spogliano gli ucraini dei propri beni
Nel 1945 i nonni dei soldati russi che hanno assediato Kiev vissero una campagna militare spietata per entrare in Germania, con decine di migliaia di morti. Ma quello fu anche per loro un periodo di strana abbondanza. La Germania era ricca. Nonostante cinque anni di guerra era ancora molto più ricca delle terre in cui erano stati arruolati. Si presero le donne tedesche, a migliaia, ma anche rubarono. E tutto venne fatto su scala russa, monumentale. Avevano sofferto e perduto più di qualunque altro e ora volevano una ricompensa. Stalin pretendeva dal Reich un risarcimento di almeno dieci miliardi di dollari. Una parte spettava a loro e bisognava impadronirsene subito, fino a che si era in tempo.
Dal 1944 era stato emanato un previdente ordine di servizio in cui si specificava in dettaglio la procedura da seguire per i «trofei». E la loro spedizione in Russia. Qualsiasi cosa conquistata o abbandonata diventava proprietà dell’Armata rossa. Una volta si era più sfacciati, non si temevano certo tribunali incaricati di perseguire i reati di guerra. Mentre squadre specializzate provvedevano a smontare pezzo dopo pezzo le fabbriche tedesche, i soldati facevano da soli. E spesso saccheggiare era l’unico modo per mangiare perché le linee di rifornimento della Armata rossa, come pare quella di Putin, erano rudimentali e sempre in ritardo.
In Russia non c’era niente da comprare. Gli ufficiali furono i primi ad approfittare imballando porcellane. Biancheria, pellicce, confiscando automobili per portare in patria le meraviglie tedesche. Un saccheggio di alto bordo per cui si arrivò perfino a organizzare, visti i volumi, treni del bottino. Alla vigilia del capodanno russo del 1944 il ministro della Difesa autorizzò tutto l’esercito a mandare «pacchi» a casa, cinque chili per i soldati, quindici per gli ufficiali. Ma si era indulgenti, si largheggiava nel peso.
Gli oggetti rubati dicono molto di coloro che ne approfittarono: era l’immagine di un popolo che il comunismo aveva immerso nella miseria mobilitandola con la missione del comunismo. I soldati di Stalin come i coscritti di Putin erano ragazzi arrivati al fronte spesso direttamente dalla scuola, che non avevano imparato niente se non a sparare, a strisciare, a lanciare bombe, a uccidere e odiare il nemico. C’era chi spediva macchine da scrivere che non avrebbe mai usato perché non utilizzavano caratteri cirillici, o metteva da parte una bella radio tedesca ma si rammaricava che nella sua isba non ci fosse la corrente elettrica.
Oppure spedivano scarpe, panni di lana per confezionare finalmente cappotti caldi, cuoio per confezionare alte scarpe. Ricercatissimi erano gli orologi da polso. E le biciclette, pochi sapevano usarle, facevano tentativi malaccorti e ruzzolavano fragorosamente tra le risate dei commilitoni. Qualcuno, forse, a Vladivostok o a Jakutsk sta aprendo pacchi con la stessa meraviglia.
LA STAMPA
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