Il consigliere di Putin: «Questa è una guerra all’Occidente. Potrebbero essere colpiti obiettivi in Europa»
di Federico Fubini
Sergey Karaganov è stato consigliere presidenziale per la politica estera sia con Boris Yeltsin che con Vladimir Putin. Ancora oggi che guida il Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca resta molto vicino al ministro degli Esteri Sergey Lavrov e al dittatore stesso, al punto che le sue proposte sugli interventi per le minoranze russe delle altre repubbliche ex sovietiche vanno sotto il nome di “dottrina Putin”.
Nel 2019, Karaganov è stato il primo a teorizzare ciò che ora sta accadendo: l’invasione totale dell’Ucraina.
Putin ha detto che l’obiettivo di impedire l’ingresso dell’Ucraina
nella Nato giustificava l’intervento. Ma per l’adesione di Kiev nel
migliore dei casi sarebbero occorsi molti, molti.
Come può spiegare l’attacco su basi del genere?
«Putin
ha detto che se l’Ucraina fosse entrata Nato, non ci sarebbe più stata
l’Ucraina. Nel 2008 c’era un piano di rapida adesione. Fu bloccato dai
nostri sforzi e da quelli di Germania e Francia, ma da allora l’Ucraina è
stata integrata nella Nato. È stata riempita di armi e le sue truppe
sono state addestrate dalla Nato, il loro esercito è diventato sempre
più forte. Abbiamo assistito a un rapido aumento del sentimento neonazista in quel Paese.
L’Ucraina stava diventando come la Germania intorno al 1936-‘37. La
guerra era inevitabile, erano una punta di diamante della Nato. Abbiamo
preso una decisione molto difficile: colpire per primi, prima che la
minaccia diventasse ancora più letale».
Ma c’era tempo per negoziare.
«Dagli occidentali abbiamo avuto promesse di tutti i tipi in questi
trent’anni. Ma ci hanno mentito o le hanno dimenticate”. Come può
pensare che un piccolo Paese come l’Ucraina attacchi una superpotenza
nucleare come la Russia? E che sia nazista, con un presidente ebreo?
L’Ucraina è stata costruita dagli Stati Uniti e altri Paesi Nato come
una punta di diamante, forse di aggressione o almeno di pressione,
per avvicinare la macchina militare occidentale al cuore della Russia.
Vediamo ora quanto si fossero preparati alla guerra. E il nazismo non
riguarda solo l’essere contro gli ebrei. Nazismo è supremazia di una
nazione sull’altra. Nazismo è umiliazione delle altre nazioni».
I Paesi d’Europa centro-orientale hanno
chiesto loro stessi di entrare nella Nato. E Mosca con il “Founding
Treaty” sulle relazioni Russia-Nato nel 1997 ha accettato
l’allargamento. Non trova?
«Fu il più grande errore nella
politica estera della Russia negli ultimi 30 anni. Firmammo perché
eravamo disperatamente poveri, al collasso. Ma io sono rimasto scioccato
quando ho visto lo stupro della Serbia ad opera della Nato nel 1999.
Poi una guerra atroce in Iraq condotta dalla maggior parte dei Paesi
della Nato e un’altra aggressione in Libia, sempre da parte della Nato.
Quindi non ci fidiamo delle parole. Sappiamo che l’articolo 5 della Nato, che afferma che un attacco a un Paese dell’Alleanza è un attacco a tutti, non funziona.
Non c’è garanzia automatica che l’Alleanza intervenga in difesa di un
membro sotto attacco. Ma questo allargamento è quello di un’alleanza
aggressiva. È un cancro e noi volevamo fermare questa metastasi.
Dobbiamo farlo, con un’operazione chirurgica».
L’Iraq fu un errore grave, che non ne
giustifica un secondo. E gli americani dopo hanno eletto un nuovo
leader, Obama, che era contro quella guerra. I russi potranno fare lo
stesso?
«Non credo che avremo un cambiamento al potere in Russia,
perché stiamo combattendo una guerra di sopravvivenza. È una guerra
contro l’Occidente in cui la gente si raccoglie intorno al leader. E
negli Stati Uniti nessuno ha pagato per la guerra in Iraq, quindi
abbiamo i nostri dubbi sull’efficacia della democrazia».
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