Il governatore di Lugansk: «Il mio Donbass attende l’inferno»

Qual è la città più colpita della regione?
«Rubijne. Ci sono battaglie continue. In città l’ex sindaco è diventato una spia dei russi».

Cioè?
«Non solo si è schierato con loro, ma condivide anche informazioni sui cittadini filo-ucraini, mettendoli in pericolo».

Che cosa dice di Kramatorsk?
«Gli orchi (i russi, ndr.) hanno coraggio a negare la loro responsabilità. Sapevano che in quella stazione c’erano civili da evacuare e hanno deciso di fare una strage. Hanno usato bombe a grappolo, armi vietate, come usano quelle al fosforo. Se iniziano a giocare con quelle chimiche è la fine».

Nei negoziati si è discusso di una garanzia di protezione da parte di alcuni Stati verso l’Ucraina in caso di una futura aggressione. Ma il Donbass non è incluso.
«Zelensky non cederà mai il territorio del Donbass perché è ucraino. Sento il presidente personalmente, lo conosco. Putin vedrà tornare a casa così tanti cadaveri che non sarà più in grado di mentire alla sua gente. Dovrà stare alle nostre condizioni. E poi tra un anno o due cercherà di attaccarci di nuovo».

Quanto è lontana la pace?
«Un mese: il 9 maggio. Putin è pazzo, davvero cercherà di prendersi le regioni di Lugansk e Donetsk entro quel giorno, l’anniversario della capitolazione della Germania nazista nel 1945».

Come si riesce a vivere in una terra sotto assedio da 8 anni?
«Non ho tempo per pensarci, né per farmi guidare dalle emozioni perché ho una responsabilità verso i miei cittadini. Cerco di tirarmi su il morale sentendo mia figlia che ha appena raggiunto mia madre in Liguria».

CORRIERE.IT

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