L’ipocrisia dell’Onu, Russia via dal Consiglio per i diritti umani, ma la presidenza resta all’Arabia saudita

Domenico Quirico

Questa è una guerra assoluta in cui sono in gioco destini preziosi e definitivi. Abbiamo negli occhi un popolo che si allunga per le strade, e non è una marcia, una ritirata e neppure un vero esodo. È una decomposizione, spettacolo spaventoso prossimo al caos. È obbligatorio prima di tutto che l’Occidente lasci totalmente, assolutamente, minuziosamente il monopolio della bugia, della ipocrisia e perfino delle mezze verità alla Russia, l’aggressore. Non è la quantità di armi che mettiamo in campo e quanto gas risparmiamo che ci darà la vittoria, quella vera, sul tiranno. Sarà il coraggio con cui rifiutiamo qualsiasi sotterfugio e complicità in nome della «realpolitik». Tutto ciò che in qualche modo metta in discussione il comandamento che ci deve distinguere, che cioè l’Uomo merita sempre di restare lo scopo dell’Uomo.

L’odio e la pulsione cieca che l’etichetta «occidentale» suscita in diversi fanatismi contemporanei dimostra quanto l’Europa rimanga irrecuperabile per i totalitarismi. Ma questo soltanto se sa annullare le piccole bassezze e le grandi viltà di cui è lastricata la sua tranquillità. Altrimenti gli altri diranno: fiuto in voi il mio stesso odore, siamo uguali. Come osate rimproverami?

Perché dire questo? Perché vorrei parlare delle Nazioni Unite e della esclusione della Russia dal Consiglio che si occupa dei diritti umani. Non certo per dire che la Russia non l’abbia meritato per quello che fa in Ucraina, ma per aggiungere un particolare a cui nessuno ha prestato molta attenzione. Preso dalla furia di esultare perché l’Onu improvvisamente sembra risorto, con quel voto largamente maggioritario, dal vergognoso letargo in cui i suoi dirigenti e il segretario generale innanzitutto, con l’inerzia amministrativa sembravano caduti da quaranta giorni a questa parte. No. Il mio scopo non è discutere quello che è stato detto dagli occidentali, tra cui l’Italia, per condannare la Russia meritatamente, ma ciò che è stato taciuto. Ovvero sono andato a leggere i nomi delle nazioni che fanno parte del Consiglio che si occupa appunto delle violazioni dei diritti umani.

Vedo inarcarsi sopracciglia. Dove si va a parare? Semino il disordine? Rispondo: ne ho bisogno. Scuoto la saldezza della grande coalizione costruita contro le prepotenze del signore del Cremlino? Indebolisco il meccanismo messo in piedi con pazienza che permetterà di mettere all’angolo il nuovo Hitler? Comincio a esser stufo di questi appelli al realismo, a esser furbi «altrimenti non si vince». L’uomo occidentale è definito da ciò che lo inquieta, non da ciò che lo rassicura. E per questa guerra abbiamo bisogno di ripartire da zero.

È una precauzione strategica non tacere. Sono certo che questa meschina realpolitik a un certo punto sarà utilizzata dal nemico per indebolire la nostra causa. Meglio anticiparlo. Spegnergli ogni mistificazione con l’unica acqua efficace a disposizione, quella del coraggio della verità. Deve esser nostro.

Allora leggo i nomi di alcuni dei componenti del consiglio dei diritti umani: Cina, Libia, Eritrea, Pakistan, Qatar, Venezuela…

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