L’ipocrisia dell’Onu, Russia via dal Consiglio per i diritti umani, ma la presidenza resta all’Arabia saudita

Per esser chiari: il problema non è se questi Paesi si siano astenuti o abbiano votato contro la risoluzione che cacciava la Russia. Il problema è: perché stanno lì, in quel Consiglio? Con che diritto? In nome di che cosa? Il Consiglio è stato creato sedici anni fa. Un solo Paese era stato finora espulso: la Libia di Gheddafi, nel 2011, per la repressione sanguinaria della rivolta di Bengasi. Poi è stata riammessa dopo la liquidazione del Colonnello. E anche qui nasce qualche dubbio. Se pensiamo ai centri di accoglienza per i migranti…

Non si poteva per questi Paesi canaglia di cui si conoscono a menadito le pratiche illegali usar subito il meccanismo utilizzato con sacrosanta rapidità per la Russia? In sedici anni mai nessuno dei rappresentanti delle democrazie ha provato un sussulto di decenza e di imbarazzo per il sedersi accanto a quei Paesi quando si discute di diritti umani?

Allora prendiamo un Paese a caso che è stato ripetutamente eletto in questo Consiglio: l’Arabia Saudita. Evito di citare come prova a carico il massacro del giornalista oppositore con truculenti particolari dello squartamento con sega a motore e trasporto dei brani del cadavere in sacchi e valigie. Conosco la risposta dei prudenti, dei filosofi dell’astuzia: caso isolato, quello, potrebbe essere l’iniziativa criminale di qualche sgherro troppo zelante che ha voluto ingraziarsi il principe padrone. Scavalco anche le ottanta recenti esecuzioni, tutte in una volta e le delizie di un sistema penalistico che si chiama sharia. Quando lo applicano i talebani afgani è definito uno sconcio vergognoso, quando lo mettono in pratica i riveriti signori dei luoghi santi, beh, è la tradizione religiosa, non si discute di queste cose delicate.

Raccolgo prove più legate al caso russo, voglio andare subito al reato grosso. Che si chiama dal 2014 Yemen.

È lì che il bel principe tenebroso, per spazzar via gli sciiti che hanno preso il potere violando lo «spazio vitale» della monarchia saudita, ha usato gli stessi metodi criminali di Putin in Ucraina. Ovvero bombardamenti indiscriminati, popolazione civile come bersaglio deliberato, violazione di ogni regola di guerra, massacri. Esagero nel paragone? Ci sono anche qui foto e testimonianze dettagliate e indipendenti: ospedali, scuole, città colpite a tappeto dai bombardieri made in Usa di Riad, si dice decine di migliaia di civili morti. Anche lì come in Ucraina, da anni, vediamo bambini condannati a non invecchiare mai. E una strategia criminale che a Putin, per ora, non si può imputare: l’assedio per fame, con il blocco feroce che non lascia passare cibo, medicine, aiuti. Le conseguenze si possono leggere nei dettagliati documenti di accusa delle Nazioni unite e delle sue agenzie.

Si dirà: l’Arabia Saudita è un alleato contro i terroristi (che ha finanziato abbondantemente), fornisce il petrolio, non aggredisce l’Europa come ha fatto Putin. E gli houthi dello Yemen? E i bambini e i civili sepolti sotto le macerie, morti per mancanza di medicine e di cibo? I morti bisogna guardarli, guardarli ancora per placarli e scongiurarli. Ovunque. Se siamo quello che diciamo di essere, ovvero la sentinella dei diritti umani, non abbiamo il diritto di voltare le spalle a nessuno. Dobbiamo porre alle sentinelle che dovrebbero vegliare sempre nel Consiglio per i diritti umani la aspra domanda: a che punto è la notte?

LA STAMPA

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