Trincea Donbass, davanti all’aeroporto di Donetsk i carri russi avanzano: “Sarà qui la resa dei conti”

Mikael conferma che il morale dei militari è altissimo, «sono preparati e concentrati». Ci mostra il video di uno scambio di fuoco avvenuto nel tardo pomeriggio del giorno prima, con due soldati in trincea sotto il fuoco di Ak-47, granate e mortai. I due, impeccabili, tengono le posizioni e accennano un sorriso, mentre tutto intorno la terra si alza per l’effetto dei colpi. «La notte qui è una sinfonia – ribadisce Mikael – i russi stanno alzando il tiro».

È chiaro che proprio in Donbass, dove tutto è iniziato otto anni fa, ci sarà la prima resa dei conti tra russi e ucraini, la nuova spallata è attesa a giorni ed è stata anticipata da una serie di manovre sul campo.

Nell’Est dell’Ucraina, quasi al confine russo, l’esercito della Federazione ha fatto muovere verso il Sud un convoglio lungo una decina di chilometri e con un centinaio di mezzi, tra cui veicoli corazzati e artiglieria, nella zona di Velykyi Burluk, ad Est di Kharkiv la seconda città più grande dell’Ucraina: è la conferma che la Russia si vuole concentrare sul Donbass.

Le immagini mostrano nel convoglio «veicoli blindati, camion con artiglieria trainata e attrezzature di supporto».

Ieri la città di Dnipro ha subito sette attacchi missilistici e un bombardamento ha colpito l’aeroporto creando gravi danni. Intanto, nel territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk, i soldati ucraini hanno sventato otto attacchi russi, ha riferito lo stato maggiore dell’esercito ucraino nel suo ultimo aggiornamento sulla situazione sul campo. «Ci sarà un’offensiva a breve, una grande battaglia per il Donbass» perché «vediamo che c’è un accumulo di forze, mezzi, un’enorme quantità di attrezzatura», afferma Sergiy Gaidai, governatore del Lugansk, l’oblast più orientale dell’Ucraina.

I russi starebbero però rallentando per riorganizzarsi, non vogliono ripetere l’errore della guerra lampo commesso a Kiev, e puntano ad assestare una spallata decisiva. «Non difendiamo solo l’Ucraina, non combattiamo solo per la nostra terra ma per tutta l’Europa, la civiltà occidentale, la terra dei nostri padri, la terra che ci accomuna», dice Irina mentre ci guida verso i dormitori ricavati in un vecchio tunnel usato per trasportare materiali. Dentro ci sono letti a castello, tavoli per le mappe, bagni e una sala ricreativa. Fuori cani e gatti regalano un po’ di tenerezza, «ogni tanto passano dei fagiani», ci dice Yuri puntandone uno col suo dito tozzo e nero per la terra a cui si è aggrappato in trincea.

È l’ora del pasto, il pranzo domenicale non si nega a nessuno, la sergente chef ha preparato una zuppa di verdure, fagiano oggi non ce n’è. «C’è il sal», dice Yuri indicando il lardo tipico ucraino, un concentrato di energie per le fredde notti al fronte. Lo avevamo già assaggiato a Kharkiv, anche con un certo gusto. I militari se lo passano spartanamente. Ne possiamo avere? Yuri tentenna, fa il gesto di prendere la ciotola, ci guarda, noi a lui: «No Yuri va bene con le mani».

LA STAMPA

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