Il piano B del governo. Con lo stop al gas russo consumi da razionare
dal nostro inviato Tommaso Ciriaco
ALGERI – Diversificare con il gas d’Algeria, d’accordo. Farlo anche con le rinnovabili e in fretta, anzi di più. Ma cosa succede se domani Vladimir Putin chiude d’improvviso i rubinetti del gas? Non a giugno, o peggio a inizio maggio: domani. È lo scenario peggiore, ma comunque da vagliare per non farsi trovare impreparati.
Proprio per rispondere a questa domanda, si sono riuniti ieri a Palazzo Chigi i tecnici dell’esecutivo interessati al dossier. C’erano il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, il ministro dell’Economia Daniele Franco, il sottosegretario con delega ai Servizi Franco Gabrielli, gli esperti del ministero della Transizione ecologica.
E ancora, l’amministratore delegato di Terna, Stefano Donnarumma, l’ad di Snam, Marco Alverà e Stefano Venier che gli subentrerà a fine mese. La risposta al quesito (per adesso soltanto teorico, visto che da Mosca il gas continua ad arrivare) non è del tutto rassicurante, ma pragmatica: bisogna correre come forsennati nella ricerca di fonti di approvvigionamento alternativo, ma nel frattempo “ottimizzare” anche i consumi delle imprese e quelli dei cittadini.
Quelli scandagliati sono scenari potenziali, per ora. Nulla è deciso e al momento neanche necessario. Ma i numeri, in questo caso, sono decisivi. Il fabbisogno del Paese è tra i 75 e gli 80 miliardi di metri cubi di gas. Circa 29 provengono dalla Russia. Come sostituirli? E con che tempi? Il viaggio in Algeria di Mario Draghi ha mostrato che nulla può essere dato per scontato: l’aumento del flusso energetico dal Paese nordafricano sarà meno rapido del previsto.
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