Toghe contro la riforma Cartabia: “Ci vogliono burocrati”. E invocano lo sciopero

Per Andrea Reale, gip siciliano che nel parlamentino dell’Anm rappresenta la lista Articolo101, la protesta è necessaria, ma rischia di essere tardiva. “Si sta scrivendo una pagina buia per la magistratura. La più buia”, dice ad HuffPost. Esprime un giudizio “molto negativo” su tutta la riforma e sulle pagelle dice: “Mi sembra una trovata anomala che non farà altro che aumentare la soggezione dei magistrati e mette a rischio la loro indipendenza, anche interna. Indurrà al conformismo giudiziario, oltre a portare maggiore controllo”. Il risultato, per il rappresentante di Articolo101, è “la nullificazione dei diritti dei cittadini” perché “invece che di fronte a un magistrato più forte, ci troveremmo davanti a un magistrato burocrate e questo è un ossimoro. Un paradosso per la giurisdizione”. 

Per Mariarosaria Savaglio, segretaria di Unicost, la corrente delle toghe centriste, “Se davvero dovessero essere approvati provvedimenti distonici con i principi costituzionali, come il fascicolo della performance e la modifica dell’articolo 2 della legge delle guarentigie, sarebbe un grave passo indietro dell’ordinamento democratico, che il paese non può permettersi. Di fronte a simili prospettive la magistratura non potrà rimanere di certo in silenzio e la mobilitazione, che si auspica unitaria, sarà necessaria”.

A chiedere lo sciopero anche Autonomia&Indipendenza, la corrente fondata da Piercamillo Davigo:  “La riforma sta andando avanti senza una benchè minima interlocuzione con la magistratura. Qualunque nostra proposta per migliorarla ha incontrato un muro totale” lamenta il coordinatore, Guido Marzella. Dalle norme sul fascicolo “sembra che un singolo magistrato deve rendere conto di qualunque provvedimento venga preso,se non è confermato in Appello o in Cassazione ,quando è scritto chiaramente nell’articolo 101 della Costituzione che il giudice risponde solo alla legge. L’ attività interpretativa deve essere quindi assolutamente libera: il magistrato non deve semplicemente applicare le massime della Cassazione; se la giurisprudenza va avanti è proprio per questo motivo. Invece si introduce un sistema gerarchizzante che si ripercuote sulla qualità del servizio offerto”. Sulla stessa linea d’onda Area, l’associazione delle toghe progressiste, con il segretario Eugenio Albamonte che dice: “Chiederemo di proclamare lo stato di agitazione, che preveda  una serie di manifestazioni intermedie a partire da un’assemblea straordinaria dell’Anm e si concluda, se nulla cambia, con lo sciopero”.

“Un solo passaggio di funzione da giudice a pm? È una separazione delle carriere di fatto”

Per Marzella è “un danno ai cittadini” anche la separazione delle carriere di fatto perché “il pm staccato dal resto della magistratura diventa un corpo finalizzato non alla ricerca della verità ma alla condanna dell’imputato e ben presto sarebbe avvinto al potere politico”. Il riferimento è alla limitazione del passaggio delle funzioni, che con l’accordo si riduce a uno, solo per i giudici penali, da fare entro dieci anni dall’inizio dell’attività, tirocinio escluso. Su questo interviene anche Andrea Reale, che ironizza: “Si tratta a tutti gli effetti di una separazione delle carriere. Ora aspettiamo solo il doppio Csm (uno per la magistratura giudicante e uno per la requirente, ndr)”. Per Reale questa misura è “punitiva” oltre che non necessaria, perché: “È sufficiente che un giudice che vuole diventare pm sia trasferito in una regione diversa dalla quale lavora, come accade ora, per tutelare tutte le garanzie”. Reale spera in un intervento del presidente della Repubblica: “È l’unico che potrebbe porre fine a questo periodo buio. Altrimenti, non vedremo la luce”. Netto anche il giudizio di Stefano Musolino, che con amarezza osserva: “Io credo che questi interventi siano dettati da una visione caricaturale della nostra professione. Quella disegnata nella riforma non è la magistratura immaginata dai padri costituenti”. Richiama la Costituzione anche il segretario generale dell’Anm, quando sostiene che “l’unicità della giurisdizione viene incrinata”. Perché, ci spiega ancora, “quello che i nostri costituenti avevano visto come un fattore di accrescimento culturale e una fisiologica osmosi di esperienze da custodire e preservare, viene ora additato a evento patologico della carriera: il cambio di funzioni va prontamente isolato e rimosso. Il danno sarà soprattutto per i cittadini che meritano una riforma vera, non suggerita da spirito di rivalsa; una riforma ‘per’ la giustizia e non ‘contro’ la magistratura”.

Anche il sistema elettorale, che prevede il sorteggio solo per i collegi, non piace molto. Ma alle toghe preme in particolar modo esprimere la contrarietà nei confronti delle “pagelle”. Nulla quaestio, invece, sulle porte girevoli. La prospettiva che un magistrato una volta sceso in politica non possa più vestire la toga è vista positivamente

In commissione, intanto, i lavori non decollano

Mentre tra i Palazzi di giustizia ci si prepara alla protesta, la riforma in Parlamento arranca. La Lega, contraria all’accordo trovato sabato, ha acconsentito a ritirare almeno gli emendamenti non concordati, Italia Viva non ha cambiato idea: “Manteniamo i nostri emendamenti”. La seduta è poi stata sospesa, dopo che la parlamentare del Gruppo misto Giusi Bartolozzi – magistrato in aspettativa – voleva che gli emendamenti cui lei aveva aderito, pur non essendo prima firmataria, non fossero ritirati. Secondo il regolamento, letto durante la seduta dal presidente Mario Perantoni, se gli emendamenti sono stati ritirati prima della seduta, anche se sottoscritti da altri deputati, vanno comunque eliminati. Il primo voto è arrivato dopo le 17, quando è stato dato il via libera all’emendamento che prevede di eguagliare la magistratura contabile e amministrativa a quella ordinaria nella disciplina dei fuori ruolo. E, subito dopo, è stato bocciato un emendamento che introduceva “l’eliminazione del cumulo di compensi e allo svolgimento in simultanea delle funzioni” per i magistrati contabili e amministrativi. L’emendamento è stato presentato da Giusi Bartolozzi (Misto) ed è stato sostenuto da Iv, Fdi e Alternativa. Il governo ha dato parere negativo e la maggioranza ha votato contro. Ferri, magistrato in aspettativa come la Bartolozzi,  ha fatto un lungo intervento in favore dell’emendamento ed ha affermato: “Andate a spiegarlo ai cittadini che devono fare sacrifici, ma che il governo Draghi non vuole tagliare le doppie indennità dei magistrati, un meccanismo che oltretutto incentiva il carrierismo e l’uscita dalla giurisdizione”. La riforma più attesa resta in salita. E il testo non prende pace.

L’HUFFPOST

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