Putin criminale come Al Sisi i due dittatori vanno processati
Per processare Putin, bisogna arrestarlo e quindi vincerlo, si dice giustamente. Sì, c’è una tensione non sempre risolta tra la promessa della giustizia e la continua dilatazione a cui questa promessa è sottoposta per quelle che chiamiamo le necessità della Storia. Ma dobbiamo dimostrare che la giustizia non è un lusso per tempi tranquilli. O legato alle scontrose strettoie della realpolitik. E si pensa subito al caso di Giulio Regeni, un altro delitto di Stato.
La richiesta di processare le colpe dei capi è davvero reclamare la giustizia dal fondo delle ingiustizie come reclamava Elettra. Come invocava il personaggio tragico occorre riconoscere il male direttamente e fino in fondo. Il Male non può dissolversi solo per il ruolo pubblico di chi l’ha commesso.
Il Diritto funziona se è libero da ogni considerazione di opportunità politica, e conosce solo colpevoli o innocenti. Ovvio? Non quando dovrebbero salire sul banco degli imputati capi di governo, dittatori, caudillos. Nessuno ha chiesto il processo di Bashar al Assad per i delitti di undici anni di guerra siriana. In Germania sono stati condannati alcuni uomini dei servizi di sicurezza responsabili di atrocità nei confronti di oppositori e ribelli. Bashar ha ricominciato a fare visite di Stato e non soltanto nelle capitali dei suoi complici, Mosca e Teheran. Non si chiede di processarlo non tanto perché si dubita di poterlo arrestare, ma forse perché i suoi crimini sono stati possibili anche grazie alla indifferenza dell’occidente verso la sua guerra? In una certo modo dovremmo processare anche noi.
Dal 2016 da quando ne fu trovato al Cairo il cadavere torturato si trascina tra fumisterie, tartufismi, ipocrisie anestetiche, partite doppie, bugie eccellenti l’impossibile punizione dei responsabili della morte di Giulio Regeni. Governi italiani plurimi e di opposto colore politico, destra, sinistra, centro, tecnici e non, a parole chiedono al raiss egiziano la verità. Che secondo la magistratura e il governo sono uomini dei servizi di sicurezza egiziani. Ovvero detto con la proprietà transitiva del Diritto a torturare e uccidere il giovane ricercatore fu lo Stato egiziano.
Ma il governo italiano non ha mai accettato questa elementare verità e la conseguenza giuridica che ne deriva. Da sei anni i poveri genitori sono ostaggio di una tragica, vergognosa presa in giro che ad ogni anniversario si trasforma in rituale rimando: stiamo facendo il possibile in via diplomatica ma… Ma non c’è una via diplomatica che consiste nel chiedere aiuto all’assassino. La via del Diritto se si è certi di avere le prove è rompere i rapporti diplomatici e denunciare il presidente Abdel al-Sisi e il suo ministro degli Interni, responsabile dei trucidi «mukhabarat», per concorso in torture e morte di un cittadino italiano davanti a una corte penale internazionale. Se si copre un delitto compiuto dai propri funzionari allora come per i soldati di Putin non lo si rifiuta e si è responsabili di quel delitto. Ci costerà anche in questo caso qualche fornitura di gas? Vogliamo la Giustizia o i termosifoni?
LA STAMPA
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