Finlandia, Svezia e il sostegno che si fa incerto

Forse era prevedibile che il primo Paese a reagire a questa gestione meno concitata del dossier ucraino, sarebbe stata la Finlandia. La quale Finlandia ha un ricordo tutto suo di quel che accadde all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Stiamo parlando di quel che si produsse nelle settimane successive all’accordo Molotov-Ribbentrop (fine agosto 1939). Ai primi di settembre la Germania hitleriana invase la Polonia e diede inizio alla guerra. Quindici giorni dopo — come previsto dalle clausole segrete del trattato tra i ministri degli Esteri tedesco e sovietico — l’Urss aggredì anch’essa la Polonia. Poi toccò a Estonia, Lettonia e Lituania. Successivamente fu la volta della Finlandia. Ma qui i russi ritrovarono un comandante militare, Carl Gustaf Emil Mannerheim che li aveva già sconfitti nel primo dopoguerra.

Nel suo libro di memorie Nikita Chruscev, testimone diretto, ha scritto che Stalin nel ’39 si aspettava di vincere in tempi rapidi e pensava che la Finlandia si sarebbe liquefatta in pochissimi giorni. La consueta illusione dei despoti quando si avventurano in una guerra. Invece gli uomini di Mannerheim inchiodarono i russi per oltre tre mesi infliggendo loro qualche umiliazione e costringendo il dittatore georgiano a destituire in tutta fretta alcuni importanti capi militari. Ad un certo punto si sperò, a Helsinki, in un appoggio da Francia e Gran Bretagna. Aiuto che però non giunse mai. I sovietici lasciarono sul campo un numero di morti superiore tre o quattro volte a quello degli aggrediti. E subirono un’onta militare che, secondo molti storici, fu all’origine, un anno dopo, della decisione hitleriana di attaccare l’Urss (22 giugno 1941). Ma è agli atti una lettera a Benito Mussolini (8 marzo 1940) nella quale il Führer assolve in buona sostanza le truppe di Stalin sostenendo che in una battaglia combattuta a 30/40 gradi sottozero nessuno avrebbe potuto vincere in tempi più rapidi. In ogni caso i finlandesi ne guadagnarono in prestigio. Prestigio che fruttò loro, a guerra finita, la riconquista dell’indipendenza. Accompagnata da un’iper-neutralità (ribattezzata «finlandizzazione») che però garantì loro relativa autonomia e sopravvivenza. Può essere che ora siano imprudenti nel chiedere di essere ammessi nella Nato. Però forse ancora più avventato sarebbe, in caso di attacco dalla Russia, mettersi nelle mani dell’Europa.

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