Guerra o genocidio: non basta il primo termine per descrivere le atrocità?


Ecco che la propaganda chiama tempestività la propria fretta. I tempi della giustizia, e quelli della storia (come ricordava Giovanni De Luna, nella sua intervista a Repubblica del 13 aprile), dicono che i crimini sono fattispecie che vanno determinati con certezza e questo il più delle volte può avvenire solo quando il fatto è compiuto. È possibile la flagranza quando il reato è un genocidio? Lo stesso Biden ha ammesso di non saperlo e di avere semplicemente espresso la sua opinione, anzi la sua impressione. È che la propaganda (quella dei buoni come quella dei cattivi) ha sempre tanta fretta e si spazientisce se gli esperti raccomandano prudenza. Lo si è visto con gli scienziati, virologi ed epidemiologi, sollecitati a dichiarare precocemente andamenti e picchi pandemici del Covid. Lo si vede ora con la guerra: perché se ancora non sappiamo se Putin stia commettendo un genocidio siamo altresì già più che certi che stia perpetrando una guerra di aggressione.


Potremmo casomai farci due domande. La prima: perché la guerra di aggressione non è un crimine, per il diritto internazionale? La seconda: perché abbiamo bisogno di parlare di “genocidio”, e di aggiungere alla nostra deplorazione un supplemento oltretutto precoce di gravità? Forse che non basta il senso, letterale e terribile, del termine “guerra” ?

REP.IT

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