La guerra non finirà il 9 maggio, ma a noi piace crederci

DOMENICO QUIRICO

Sono come bolle di sapone, variopinte. Attraversano questi cinquanta tragici giorni di guerra compassate e trottano dietro il loro futuro come se fossero fatti, realtà. Sono le leggende di guerra, le leggende di tutte le guerre. Intendo le leggende, non le bugie di guerra. Assomigliano agli incidenti ai mezzi di trasporto, sempre misteriosi, uno scossone, tutto si ferma, nessuna spiegazione, piano piano si arriva a persuadersi che sono invenzioni del diavolo per non farti arrivare. Lo stesso accade con le leggende, nascono dal nulla e poi sono lì, concrete come il treno immobile. Analizzandole, discutendole, infuriandoci e sentendoci grazie ad esse più ottimisti o più desolati ci avviamo verso un finale ignoto, inimmaginato.

Non parlo delle leggende minori, militarmente banali: che sia il fango ad aver impantanato la ‘’blitzkriegh’’ russa come se i mezzi di Mosca fossero costruiti e immaginati sotto il tepore dei Caraibi. E neppure che l’esercito ucraino, colto di sorpresa e disponendo di mezzi primitivi, ha fermato gli invasori con le bottiglie molotov e i cavalli di frisia fabbricati ammonticchiando i guardaroba. Senza dimenticare i carri armati polverizzati grazie ai droni comprati al fai da te. 

Parlo della leggenda più pesante, politico strategica, accettata, citata in ogni dibattito per provare la validità di altre argomentazioni: i piani di Putin, il rischio di una guerra atomica dietro l’uscio, i macelli degli uni e la resistenza epica degli altri. Parlo della data del nove maggio prossimo venturo.

Attraverso vari arzigogoli, rivoluzioni guerre mondiali stalinismi e disgeli, Muri in briciole e restaurazioni, è quello il giorno della festa ufficiale del putinismo, con gran sfilata sulla piazza rossa, con missili e cadette da casting per il concorso di miss Moscovia. Una volta si sfilava in novembre e il “politburo” bolscevico, intirizzito e con il colbacco in testa, sfidava, quasi sempre invano, raffreddori omicidi. Si controllava in tribuna chi c’era e chi non c’era più, se qualcuno era avanzato dalla seconda fila al proscenio e ne uscivano libri di quella che si chiamava cremlinologia. Scienza defunta. Ora tutto avviene al calduccio e sul palco c’è una sola persona, Putin. E non è detto che per la buona salute del mondo sia un passo avanti.

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