Intervista a Draghi: «Il governo ha fatto tanto, ora avanti senza dividerci. Giusto mandare armi all’Ucraina, la pace vale sacrifici»
Il premier al Corriere: «Ho provato a convincere Putin a fermarsi. Ora basta con la dipendenza energetica». E poi: «Dai partiti prova di unità. Non sono stanco. Il futuro? Non intendo candidarmi»
«In un momento pieno di
incertezze, di potenziali instabilità, di fragilità interne ed esterne
questo governo di unità nazionale continua a voler governare. Abbiamo
fatto molto, e lo abbiamo fatto insieme. Dovremmo
tutti avere la forza di dire agli italiani: guardate cosa avete
realizzato in questi quattordici mesi. Penso alle vaccinazioni, alla
crescita economica che abbiamo raggiunto nel 2021, al conseguimento
degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Merito dei cittadini, ma anche delle forze politiche».
È un Mario Draghi che non nasconde il momento drammatico,
i compiti difficili che ha di fronte. Che non sfugge alla
consapevolezza che spesso la guida del governo è un percorso a ostacoli
in cui ogni pezzo della sua larga maggioranza pianta i suoi paletti. Ai
suoi compagni di viaggio chiede di rivendicare quello che stanno
facendo, di non farsi prendere dall’insicurezza, perché l’insicurezza
genera instabilità.
Nella sua prima intervista da quando il 13 febbraio 2021 prese la guida di un governo d’emergenza su indicazione di Sergio Mattarella
, il premier cerca di fare un bilancio e di indicare gli obiettivi
dei prossimi mesi, fino al termine della legislatura. Perché il «governo
va avanti» fino in fondo se riesce a fare le cose che servono al Paese.
«In un’azione che tranquillizza l’Italia, che non crea ansia», è la
frase che ripete spesso durante la conversazione. E la tranquillità, secondo Draghi, può arrivare da un bilancio in tre punti:
«Stiamo superando la pandemia; sul fronte internazionale, l’Italia è
tornata a pesare come è giusto che sia: sosteniamo l’Ucraina, lavoriamo
per la pace; sul piano economico usciamo da un anno in cui abbiamo avuto
una crescita del prodotto interno lordo del 6,6%. C’è ora un rallentamento, dovuto alla guerra
. Il compito del governo è quello di sostenere lavoratori e imprese e rendere l’Italia più moderna, vivibile, giusta».
Il suo governo è nato per fronteggiare
la pandemia. Vaccini e ripresa economica i due compiti su cui unire una
larga maggioranza dalla Lega alla sinistra. Poi la guerra è tornata nel
cuore dell’Europa. Si aspettava una scelta così dirompente da parte di
Putin?
«Ho sperato fino all’ultimo che non lo facesse.
Ci siamo telefonati con il presidente Putin prima dell’inizio della
guerra: ci siamo lasciati con l’intesa che ci saremmo risentiti.
Alcune settimane dopo però Putin ha lanciato l’offensiva. Ho provato
fino alla fine a parlargli. Detto questo, l’invasione non mi ha
sorpreso: quasi 200 mila uomini in pieno assetto da guerra erano stati
portati al confine dell’Ucraina. C’erano inoltre i precedenti di quello
che l’Unione Sovietica aveva fatto in Polonia, in Ungheria, in
Cecoslovacchia. Ricordo che si parlava nella mia famiglia delle atrocità
commesse a Budapest nel 1956. Finora l’obiettivo di Putin non è stato
la ricerca della pace, ma il tentativo di annientare la resistenza
ucraina, occupare il Paese e affidarlo a un governo amico. Noi resteremo
accanto ai nostri amici ucraini: la riapertura della nostra ambasciata a
Kiev è una buona notizia. Ieri ho sentito il nostro ambasciatore Zazo
per felicitarmi direttamente con lui».
Il piano di Putin al momento non è andato in porto…
«Come tanti altri, all’inizio del conflitto ritenevo probabile una
rapida vittoria dei russi, che avrebbe messo a rischio anche gli Stati
vicini. Questo non è accaduto: la vittoria non è arrivata e non sappiamo
se mai arriverà. La resistenza ucraina è eroica. Come dice il presidente Zelensky, il popolo è diventato l’esercito dell’Ucraina.
Quello che ci aspetta è una guerra di resistenza, una violenza
prolungata con distruzioni che continueranno. Non c’è alcun segnale che
il popolo ucraino possa accettare l’occupazione russa».
Europa, Stati Uniti e Paesi occidentali
sono sempre più impegnati nel sostegno a Kiev. Svezia e Finlandia
chiedono di entrare rapidamente nella Nato. Non c’è il rischio di
escalation?
«La linea di tutti gli alleati resta quella di evitare un
coinvolgimento diretto dell’Europa nella guerra. Uno dei punti fermi di
questo conflitto è l’affermazione da parte di tutti i leader della Nato,
a cominciare dal presidente degli Stati Uniti Biden, che non vi sarà un
coinvolgimento diretto dell’Alleanza. Comprendo le ragioni che spingono Svezia e Finlandia a pensare di entrare nella Nato
».
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