Il collasso economico di Mosca è inevitabile
Giorgio Arfaras
Seguendo quanto suggeriva dopo la Seconda guerra mondiale George Kennan, il padre della politica del contenimento, l’azione migliore verso l’Unione Sovietica era presidiare i confini della Nato, mentre si adottavano delle sanzioni per sgretolare il consenso intorno al Cremlino. Decenni dopo, abbiamo le sanzioni economiche, come l’espulsione della Russia dal sistema dei pagamenti bancari, come il congelamento delle riserve della sua banca centrale, come il blocco dell’esportazione dei beni tecnologici, il cui scopo è impedire il funzionamento normale dell’economia. E abbiamo le sanzioni politiche, come il congelamento dei beni stipati all’estero dei pretoriani, il cui scopo è spingere una parte della classe dirigente a sostituire l’autocrate. Parallelamente alle sanzioni decise dagli Stati, abbiamo la gran parte del sistema privato dei Paesi liberali che ha chiuso le proprie attività in Russia.
Un Paese importante come la Russia può finire a causa delle sanzioni nell’angolo? Sì, secondo questo schema. Qualsiasi Paese esporta , con i proventi, importa. Può importare sia beni essenziali, come la tecnologia per far volare gli aerei, sia beni di gratificazione, come i profumi di marca. L’economia, in condizioni normali, va avanti importando entrambi i beni. Se le esportazioni dei beni essenziali verso la Russia sono congelate che cosa accade? Sorgono dei problemi gravi, una volta che gli aerei non possono più volare. E se le esportazioni di profumi sono congelate? Questo non crea dei problemi economici, ma può generare dei problemi psicologici per qualcuno.
La Russia può però importare i beni per lei essenziali, seppur di qualità inferiore, anche dalle altre parti del mondo. E può pagarle con i proventi delle esportazioni delle materie prime. La gran parte delle esportazioni di materie prime russe è verso i Paesi europei. Il blocco del petrolio e del carbone sono il preludio europeo della mossa maggiore, il blocco del gas. La Russia a quel punto non avrebbe più dei proventi significativi in valuta con cui comprare i beni che non sa produrre, e che deve comprare all’estero.
Come pagherà le importazioni se c’è il blocco degli acquisti di gas? Non potendo usare i flussi delle esportazioni correnti perché sono bloccati, può usare gli stock di valuta accumulati con le esportazioni passate. Ossia, le riserve della sua banca centrale, che sono soprattutto in dollari e euro. Queste ultime, stipate in Occidente, sono state congelate. Dunque è bloccata. Può però vendere l’oro che ha come riserva della banca centrale. L’oro della banca centrale russa è quattro volte maggiore dell’oro trattato annualmente nel mercato a lui dedicato. Se i russi provassero a vendere il loro oro, il prezzo finirebbe polverizzato. Dunque è di nuovo bloccata. Può vendere la moneta cinese che ha come valuta di riserva. Sì, ma questa è poca, e in ogni modo, non è detto che gli altri Paesi la vogliano.
Ai tempi sovietici le cose erano messe diversamente, perché la chiusura della sua economia era quasi completa. Ai tempi russi a causa dell’apertura della sua economia le cose sono messe diversamente. In tempi di pace non sorgono problemi maggiori. Il libero scambio procede. Se però si esce dalle regole condivise, come accaduto nel caso dell’Ucraina, le sanzioni possono colpire in un crescendo di durezza. Durezza che è tanto maggiore nei suoi effetti quanto maggiore è l’apertura dell’economia.
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