Un gasdotto attraverso il Sahara: l’Algeria chiede aiuto a Roma
di Luca Pagni
Roma – A suo tempo, anche Gazprom aveva espresso la sua intenzione di partecipare al progetto. Ma il colosso energetico controllato dal Cremlino, da due mesi a questa parte, non è più un candidato ben accetto. Per le sanzioni che stanno colpendo i protagonisti dell’economia di Mosca dopo l’aggressione all’Ucraina. E ancora di più se l’obiettivo è la realizzazione di una infrastruttura destinata a rafforzare l’Africa nel suo ruolo di fornitore di gas verso l’Europa, proprio come principale alternativa alla Russia.
Il progetto si chiama Trans Sahariana, ma è conosciuto anche con l’acronimo di Nigal, perchè si tratta di un gasdotto che corre per oltre 4 mila chilometri collegando le coste della Nigeria al centro produttivo di gas e petrolio nel cuore del Sahara dell’Algeria, dopo aver attraversato nel suo percorso anche il Niger.
Se ne è parlato, pochi giorni fa, negli incontri avuti dalla delegazione italiana guidata dal premier Mario Draghi proprio ad Algeri, dove era accompagnato dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. Al termine, è stato sottoscritto un accordo con il quale la società di stato algerina Sonatrach si è detta disponibile ad aumentare le forniture di gas verso l’Italia fino a 9 miliardi di metri cubi all’anno, un tassello importante nella politica di sostituzione del gas in arrivo dalla Russia.
In cambio, gli algerini avrebbero chiesto un sostegno per lo sviluppo nei prossimi anni nel settore delle rinnovabili e per rafforzare le proprie infrastrutture: tra quest’ultime, il rilancio del gasdotto Nigal, sia in termini di tecnologia, sia come appoggio politico. Nel primo caso, l’Italia potrebbe schierare Saipem, la sua società di punta per le infrastrutture in campo energetico, che ha in Eni (assieme alla Cassa Depositi Prestiti) il suo socio di controllo.
L’appoggio politico confermerebbe l’Italia nel suo ruolo di primo piano nello sviluppo delle fonti energetiche in Africa, dove l’Eni negli ultimi anni è leader per numero di scoperte. Lo dimostra la nuova missione del governo in Congo e in Angola, in corso proprio in queste ore, guidata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e dal ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani. Anche in questo caso, grazie alla presenza di Eni nei due Paesi, i due ministri sperano di tornare a casa con la promessa di nuove forniture.
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