Papà Sergey, il marine irriducibile di Mariupol: “Sono le ultime ore, venite a salvarci”

LETIZIA TORTELLO

«Siamo qui sotto nei tunnel e non ci arrenderemo mai. Molti di noi hanno i parenti tra i civili intrappolati. Quello che sta accadendo (a Mariupol, ndr) va oltre la comprensione umana». Il volto della battaglia più atroce della guerra ucraina ha la barba e uno sguardo stremato, preoccupato, mentre pronuncia il messaggio che ha fatto il giro del mondo: «Esortiamo i politici, i personaggi pubblici e i leader religiosi a non rimanere indifferenti a chi è rinchiuso qui. Dateci armi pesanti, sono le ultime ore, portateci aiuti». L’appello dai sotterranei dell’Azovstal, l’acciaieria più grande d’Europa, è rivolto al presidente americano Biden e agli omologhi britannico Johnson e tedesco Steinmeier. Lui, il comandante dell’ultima roccaforte delle forze ucraine nella città portuale che lotta fino alla fine per non cadere in mano russa, si chiama Sergey Volyn. Ha il grado di Maggiore, guida la 36a Brigata dei Marines intitolata al contrammiraglio Mikhail Bilinsky. Combatte contro il fuoco delle truppe di Mosca e dei separatisti filorussi dalla terra e dal cielo.

L’appello del super comandante Sergey Volyna a Mariupol: “Queste sono le nostre ultime ore, salvateci”

La sua immagine e la sua voce sono diventati il nuovo simbolo della resistenza. «Speriamo vivamente che il presidente Biden ci ascolti e ci aiuti a risolvere la nostra situazione», spiega Volyn in un video sulla sua pagina Facebook. «Riteniamo che questa sia una delle poche persone che può davvero influenzare e risolvere la nostra condizione in breve tempo». Il maggiore è l’unico, l’ultimo appiglio per capire a che punto è la battaglia per la fabbrica contesa, impianto siderurgico dell’era sovietica con cunicoli profondi 30 metri, diventato in questi giorni perno della guerra. La cattura di Mariupol sarebbe una vittoria significativa per la Russia, che si è ritirata da diverse città e dalla capitale, e ha subito l’affondamento di una delle sue più importanti navi da guerra, il Moskva. Fornirebbe, inoltre, un ponte via terra tra il territorio della Crimea controllato dal Cremlino e la regione del Donbass a Est, dove Mosca sta concentra la sua offensiva.

Le forze dei soldati di Kiev e i civili rifugiati nei corridoi dell’Azovstal sono allo stremo. «Nel seminterrato le persone marciscono – dice il comandante –. Non ci sono farmaci, non ci sono cure». Quattro giorni fa aveva scritto una lettera a Papa Francesco, per chiedere di intervenire: «Sua Santità, non sono cattolico, sono ortodosso. Le preghiere non bastano più. Ci aiuti ad evacuare. Satana vuole bruciare tutti gli esseri viventi qui». Ieri ha rivelato che nell’Azovstal sono rinchiusi almeno 500 feriti, compresi i civili, che in tutto sono forse 1000. Non dà, però, numeri dei soldati, tra esercito regolare e Battaglione Azov, che combattono in difesa dell’impianto siderurgico.

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