Papà Sergey, il marine irriducibile di Mariupol: “Sono le ultime ore, venite a salvarci”

Martedì il ministero della Difesa russo aveva dato un nuovo ultimatum, scaduto ieri: arrendetevi o vi uccidiamo tutti. I bombardamenti sull’Azovstal vanno avanti 24 ore su 24, dichiara ancora Volyn. Ma Mariupol è ancora in mano ucraina. E mentre fuori dall’impianto, in città, alcuni pullman evacuano i civili (ne restano circa 120 mila, secondo le autorità), nell’acciaieria le ultime risorse basteranno ancora per poco: «Siamo consapevoli di tutto – continua –, cerchiamo di mantenere la calma. Risparmiamo l’acqua, ci sosteniamo a vicenda, cerchiamo di aiutarci il più possibile e continuiamo come un sol uomo». Volyn dorme due o tre ore per notte. Tra i soldati, il morale rimane alto, spiega: «Continuiamo a svolgere la nostra missione». In città, «decine di persone giacciono sotto le macerie delle case bruciate e degli edifici bombardati. Le croci sono spuntate nei cortili e sui muri, tombe improvvisate sono comparse ovunque, ricordano strazianti la perdita di vite umane».

Il profilo Facebook del soldato è una delle fotografie della tragedia del popolo ucraino. Il giovane, all’incirca sulla trentina, solo il 25 dicembre scorso postava le immagini del suo matrimonio in abiti eleganti, con la compagna Tatiana, che lavora nel mondo della finanza. A marzo, non più tardi di un mese fa, Serhiy reggeva in braccio il suo bambino: tutti e due erano vestiti «per fare la guerra», il piccolo aveva il mano un fucile giocattolo. «Semper fidelis», recita il motto dell’esercito in ucraino, scelto dal comandante per rappresentarlo sul social. Lui e i compagni sono pronti a morire nell’Azovstal: «Il mondo faccia del suo meglio per noi. Il nostro giuramento di fedeltà non basta per la liberazione di Mariupol», dichiara lui al mondo, con dignità e disperazione. 

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