Destra e sinistra hanno un nuovo nome: tribalisti contro globalisti


È un errore grave e ne indurrà, se non corretto, di peggiori. Lasciare, per snobismo o arroganza, a populisti e nazionalisti di destra-sinistra le parole nobili “Patria”, “Nazione”, “Comunità” allontana i progetti di sviluppo e tecnologia dalla gente, come il compianto presidente Ciampi intuì, accompagnando la strada verso l’euro con tricolore ed Inno di Mameli.
I veri patrioti non sono gli scalmanati che detestano emigranti, culture e identità diverse e neppure i fanatici che disprezzano tecnologie e commerci. I veri patrioti sono sereni della propria identità, lingua, classici, tradizioni, ma proprio per questo curiosi di incrociarla con altri, senza paure o nevrosi. Il nostro eroe nazionale più amato, il generale Giuseppe Garibaldi, era venerato anche in America, Nord e Sud, in Europa, Londra gli dedicò un biscotto tipico e il presidente Lincoln lo voleva al suo fianco nella Guerra Civile Usa. Ogni “Patria” vive di radici e passioni, ma decade per alienazione e provincialismo.


Nel suo capolavoro Paisà, 1946, il regista Roberto Rossellini racconta la Resistenza nel Delta del Po, protagonista un commando di pescatori italiani, agenti americani dell’Oss, piloti britannici Raf e Soe, che insieme si battono per una comune idea: e in una sequenza struggente, quando un gruppo di monaci francescani sull’Appennino emiliano, si rifiuta di cenare insieme a un cappellano rabbino ebreo, e un pastore protestante, “eretici” dell’esercito Usa, è il cappellano cattolico yankee, in italiano malfermo, a predicare ai confratelli intolleranti come la guerra raccolga, contro razzismo e odio, fedi e nazioni per secoli nemiche, in una patria inedita, più giusta e più grande.

REP.IT

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