“Con Putin si rischia la terza guerra mondiale”
Mykolaiv. Il sindaco combattente si presenta con la pistola alla cintola e il kalashnikov a tracolla. Oleksandr Sienkevych è il primo cittadino di Mykolaiv, la porta d’ingresso del fronte sud verso Odessa, sotto le bombe russe che hanno tagliato l’acqua e in parte l’elettricità. La città è gemellata con Trieste da dove stanno arrivando, in questi giorni, una colonna di aiuti umanitari. Sienkevych si collega via Skype con il sindaco del capoluogo giuliano, Roberto Dipiazza, che dichiara: «Vi siamo molto vicini, un abbraccio fortissimo da tutta la città di Trieste. Stiamo organizzando una raccolta di fondi per inviare nuovi aiuti a Mykolaiv». Sienkevych risponde che è importante l’appoggio «per non sentirci soli, abbandonati di fronte alla minaccia russa». Il sindaco della città in prima linea spiega al Giornale cosa sta succedendo sul fronte sud.
Siete sotto attacco?
«La situazione si è deteriorata negli ultimi giorni a causa dell’intensificarsi dei bombardamenti. Da quando è stata affondata la nave russa Moskva, costruita nei cantieri di Mykolaiv, hanno iniziato a colpirci con maggiore potenza e più volte nelle 24 ore. In un solo giorno sono arrivati a lanciare sei attacchi da Kherson (occupata dai russi, ndr) con missili e bombe a grappolo».
Anche a Mykolaiv usano armi proibite…
«Sì, e le bombe a grappolo sono micidiali soprattutto per i civili. Hanno solo tre minuti per mettersi al riparo da quando suona l’allarme e l’esplosione in aria causa la frammentazione, falciando chiunque si trovi in traiettoria. Piccole bombe esplodono nel giro di 25 secondi. Uno strumento per terrorizzare».
I russi annunciano l’intenzione di conquistare sia il Donbass che l’Ucraina meridionale. Perché Mykolaiv è così importante?
«Siamo un punto nevralgico del sud che vogliono occupare per tagliare lo sbocco al mare all’Ucraina, sia come obiettivo militare che economico. Mykolaiv e Odessa gestiscono tra l’85% e il 90% delle navi mercantili ovvero dei traffici marittimi del Mar Nero. L’Ucraina è un Paese a pronunciata vocazione agricola, a cominciare dal grano che esportiamo via mare. Vogliono taglieggiarci economicamente».
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