L’Ucraina contro Guterres e la lezione di Kissinger
Domenico Quirico
Ogni viaggio è un simbolo, una iniziazione. Soprattutto quando i Paesi che visiti non sono dispensatori di cartoline, foto e vagheggiamenti amorosi. Ma sono in guerra. Figuriamoci un doppio viaggio in Ucraina, oggi. Mettiamoli allora l’uno accanto all’altro questi due viaggi così opposti e così pericolosi: non per i viaggiatori in sé ma per gli ucraini e per noi che seguiamo con il fiato sospeso la zuffa tra colossi nell’Europa centrale, uno di fonte all’altro, e tentiamo da poveri europei di non pagarne il conto.
Che cosa abbiano portato con sé nello zaino il segretario di stato americano Blinken e il capo del Pentagono Austin a Kiev appare esplicito: oltre altre tonnellate di armamenti destinati all’ex debolissimo esercito ucraino una confessione di intenti che sarebbe stupefacente se non fosse perfettamente in linea con la drastica linea che Washington ha imboccato in questa tragedia senza mai allontanarsene neppure di un millimetro, come se viaggiasse su una autostrada senza uscite. Si annuncia che lo scopo di guerra americano è «far vincere la guerra agli ucraini fornendo loro la attrezzatura giusta» e far sì che la Russia sia così «indebolita» da non poter più lanciare nuove guerre. Insomma percorriamo terre pericolose, oltre i B-52, i droni, i caccia invisibili.
Siamo a un punto di svolta. Si ammette per la prima volta che la libertà ucraina è in fondo solo una cosa fittizia di cui gli americani si servono per attuare la loro politica. Ovvero l’annientamento della potenza militare russa. Non è tutto ciò estremamente pericoloso?
Per un utile ripasso su un antecedente legato a analoghi estremistici scopi di guerra si passi alla lettura delle clausole del trattato imposto ai volenterosi tedeschi nel 1919 che si illudevano di aver intenerito Wilson e soci passando, con autonoma rivoluzione, dal Kaiser alla repubblica di Weimar. Niente affatto: da punire era sempre l’odiatissimo Guglielmone, la Germania militarista e autoritaria dura e crudele in guerra: quindi esercito al massimo di centomila uomini senza carri armati, aeroplani e sottomarini; per la marina solo quindicimila uomini con il divieto di costruire navi di grande tonnellaggio. In pratica non si poteva andare al di là dei guardacoste. Gli stati maggiori francese e britannico pensavano di aver tagliato le unghie al testardo aggressore. Venti anni dopo scoprirono che era servito solo a rendere quell’esercito più distruttivo, moderno e feroce. Qual è il contenuto numerico di questo così risolutivo “indebolimento” russo: quanti carri, missili, atomiche? Quante fabbriche di armi saranno concesse o laboratori di ricerca? E quanto tempo ci vorrà se mai sarà possibile, per ottenere una resa simile?
Ancora domande: non offre questo alla propaganda di Putin la prova che sta lottando contro il progetto di spezzare la Russia.
Lo stesso viaggio dei due inviati americani era zeppo in sé di significati. Che non è il pellegrinaggio da selfie di attori secondari come gli europei o del pittoresco britannico Jonhson. Tutti visitatori privi di forze reali e quindi innocui anche per le simbologie sospettose e rancorose del Cremlino. L’America tiene in piedi militarmente l’Ucraina.
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