L’Ucraina contro Guterres e la lezione di Kissinger

Dopo tutto quel proclamare di una strategia intesa a far guadagnar tempo agli ucraini, ad avvalersi di resistenze e rovesci dell’aggressore, a realizzare per interposte sanzioni, rifuggendo da posizioni troppo nette e risolute che possono compromettere e legare, siamo alla dichiarazione di guerra totale.

Kissinger, personaggio su cui non vi è concorde opinione, è indubitabile fosse maestro senza troppi scrupoli nella ricerca del risultato diplomatico, per lui nessun diavolo era così diavolo che non si potesse sorseggiare insieme una tazza di the. Andò a Saigon solo dopo aver raggiunto con i nord vietnamiti a Parigi un accordo. In veste diplomatica per illustrare agli alleati non presenti al negoziato i risultati raggiunti, amarissimi per loro viste le successive conseguenze. Attenzione a non scoprire, dopo esser stati mossi da giuste ragioni di difendere il debole, che l’interventismo americano ci ha pervertiti.

Rimpicciolire la potenza militare russa, un militarismo aggressivo considerato come parte del carattere nazionale e senza possibilità di rimorso, richiede una guerra assoluta che solo gli americani possono sostenere e portare a termine. Con tutte le armi a disposizione. Una dichiarazione di guerra più totale e punitiva la si ritrova solo nel piano Morghentau, il progetto di rendere pacifica la Germania trasformandone l’economia in produttrice di ortaggi e verdure, progetto che proprio la paura dei russi fece cadere nel nulla.

Ora occupiamoci di un viaggiatore che nel luogo, tenebroso avernico della guerra arriverà nelle prossime ore. Si parla della missione del segretario generale delle nazioni unite Guterres nelle due capitali in lotta.

Raramente credo una istituzione, in crisi ma legata al novecentesco progetto encomiabile di un luogo in cui discutere la pace, abbia subito un simile calvario di insulti, umiliazioni, sberleffi come ora. Anche se la colpa ricade sulle spalle dello stesso segretario generale che ha impiegato due mesi zeppi di guerra per tentare quello che avrebbe dovuto decidere dopo due ore, c’è l’obbligo di sostenerlo a viso aperto. Osserveremo i passi di questo viaggiatore, questa ombra, questo sussurro umano, questo fantasma vestito da uomo. Il modo in cui lo tratta in anticipo la vittima ucraina, per scoprire cosa inventerà l’aggressore russo, ci costringono a giudicare le offese a cui è sottoposto offese fatte anche a noi.

A vibrare le frustate più violente è proprio Zelensky che nei buoni uffici dell’Onu dovrebbe riporre speranze per accorciare o fermare la tragedia del suo popolo. Invece lo zar ucraino che punta le sue carte sulla guerra a tutti i costi, si indispettisce perché Guterres va anche a Mosca (e come potrebbe non farlo?) e riscrive la carta delle nazioni Unite: abolito ogni ruolo o diritto di occuparsi di mediazione nei conflitti; solo fornire aiuti umanitari. Nella versione ucraina le nazioni unite sono soltanto una grande “ong” planetaria che deve distribuire bende e sacchi di farina. A risolvere le guerre ci penserà la guerra. Forse è un suggerimento dei due visitatori americani.

LA STAMPA

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