Per Draghi non cambiano gli impegni con gli alleati: a Kiev con altri leader Ue
di Tommaso Ciriaco
ROMA – Non entrerà per adesso in polemica pubblica con Giuseppe Conte, che lo reclama in Parlamento per discutere dell’invio di armi. Mario Draghi non intende accapigliarsi su un problema che non esiste. Le Camere, è la linea, hanno già votato una risoluzione che costituisce l’ombrello per garantire sostegno militare all’Ucraina. Non accetterà neanche l’idea di una mozione che pretende di rendere pubblico ciò che per ragioni di sicurezza è (e resterà) secretato: l’elenco delle armi, appunto. E infine, l’ex banchiere non ribatterà a mezzo stampa al leader 5S neanche quando lo richiama al rispetto dell’articolo 51 della Carta dell’Onu: si può rispondere a chi ipotizza che l’Italia vada oltre le regole del diritto internazionale?
Questo è quello che non farà. Ciò per cui si spenderà, invece, sono gli aiuti all’Ucraina, come promesso agli alleati. Non verrà meno alla parola data. E assicurerà il materiale militare a Volodymyr Zelensky. Lo farà con il secondo decreto interministeriale già firmato da Lorenzo Guerini, che finirà oggi in Gazzetta Ufficiale. E con un terzo nuovo provvedimento in tempi brevi – probabilmente prima della missione alla Casa Bianca – che garantisca materiale bellico più “pesante”.
Non sono ore semplici, per Draghi. L’agenda ballerina è legata ai
tempi di negativizzazione dal coronavirus. La speranza è che siano
rapidi, anche perché da ieri si lavora a un’opzione: la missione a Kiev
potrebbe non essere “solitaria”. A livello diplomatico si punta a un
coordinamento europeo, ipotizzando un evento simbolico con alcuni leader
continentali nella capitale ucraina. L’opzione preferita è quella di
unirsi al tandem Macron-Scholz (ammesso che Zelensky
voglia incontrare il Cancelliere, dopo le ultime tensioni). Tre Paesi,
un unico messaggio. L’organizzazione richiederebbe sforzi di
intelligence e sicurezza giganteschi, ma il ritorno di immagine sarebbe
altrettanto imponente.
Tutto si muove rapidamente, ma la sostanza non muta. Guerini illustra ai
partner Nato riuniti nella base Usa di Ramstein le opzioni possibili
per rispondere all’unica richiesta del giorno: armi pesanti, in tempi
stretti. Nulla di nuovo: è quello che hanno già chiesto Zelensky a
Draghi e Kuleba a Luigi Di Maio. Il
premier ne discuterà anche in sede Nato e con i partner continentali, ma
la direzione sembra scontata: arriverà molto presto un altro
provvedimento con artiglieria pesante, missili anti-nave, obici, diverse
decine di veicoli blindati su ruota.
Resta la polemica politica. È alimentata da Conte attorno a un principio: la legittima difesa degli Stati. Il concetto si lega all’uso – e dunque anche alla fornitura – di armi per difendersi. Sul punto, Draghi si è espresso in Parlamento: “Non aiutare gli ucraini equivarrebbe a dire loro: arrendetevi, accettate schiavitù e sottomissione. Il tema delle armi coinvolge scelte etiche personali. La decisione non può essere presa con leggerezza, ma i termini sono quelli appena descritti”.
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