L’allarme del Copasir e i dubbi del governo sulle mosse di Enel
di Tommaso Ciriaco e Giuliano Foschini
ROMA – Nella delicata partita politica che si è aperta negli ultimi giorni all’interno della maggioranza di governo sulla crisi in Ucraina, si fa spazio — per ora ufficiosamente — un nuovo fronte, capace di creare non poche tensioni: il rapporto con le aziende partecipate. Un indizio è contenuto nella relazione che il Copasir ha inviato mercoledì al Parlamento. Alcuni gruppi, scrive, “avrebbero avuto atteggiamenti incoerenti, contradditori e ambigui con le società russe, non recependo tra l’altro le indicazioni formulate dall’esecutivo”. A finire sotto i riflettori politici è stata soprattutto Enel. E, per ragioni assai diverse, anche Eni. In comune, i manager delle due società, Francesco Starace e Claudio De Scalzi, hanno il fatto di aver cercato subito di prodigarsi accanto a Mario Draghi per aprire nuovi canali per reperire fonti energetiche. Ma il contesto in cui si sono sviluppati questi sforzi è completamente difforme. E ha fatto la differenza.
Con Enel si può parlare di freddezza con il governo. Rapporti difficili che hanno un antefatto, alla fine di gennaio. Il gruppo — seppur non con il suo amministratore delegato — partecipò all’incontro tra alcune delle principali aziende italiane e Vladimir Putin, organizzato dal presidente della Camera di commercio italo-russa, Vincenzo Trani, vicinissimo al presidente russo. Enel sedette davanti aPutin non dando ascolto al governo, che aveva esplicitamente fatto sapere di non gradire quella partecipazione. “Avevamo preso un impegno e non c’era niente di compromettente”, ha spiegato lo stesso Starace davanti al Copasir il 16 marzo scorso. E però, evidentemente, la ferita è rimasta aperta, visto che quanto accaduto in seguito ha ulteriormente complicato i rapporti.
Ma non basta. Ai piani alti dell’esecutivo si imputa a Enel un certo ritardo nel comprendere la fase aperta dall’invasione decisa da Putin, accompagnato da una poco comprensibile lentezza nel dismettere le posizioni in Russia. Il colosso energetico ha una società a Mosca, partecipata dal Fondo Sovrano. Di fatto, sembra quasi che si imputi a Enel di non essersi messa fino in fondo a disposizione delle politiche pubbliche nella prima fase emergenziale.
Altro discorso vale invece per Eni. Non si tratta del rapporto con
Mosca, in questo caso, perché Claudio Descalzi ha anzi contribuito in
modo decisivo alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, con
diversi viaggi: Congo, Angola, Algeria tra gli altri. Un atteggiamento
assai apprezzato da Mario Draghi. Eppure, anche con il colosso
energetico qualcosa di recente non è andato liscio. Descalzi guida una
società quotata, ha a disposizione gas estratto direttamente
dall’azienda in varie aree del pianeta e rivendica alcune scelte di
politica industriale. Non avrebbe gradito la tassa sugli extraprofitti
voluta dall’esecutivo, che colpirebbe un valore fondamentale degli
azionisti capace di far volare sul mercato il titolo. E questo, a fronte
di una disponibilità a calmierare i prezzi del gas prodotto. Il
governo, invece, rivendica quella mossa, dovendo badare al quadro
d’insieme.
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