Il punto di Andrea Margelletti: “Putin lancia missili sull’Onu e bombarda definitivamente la speranza”
Emanuela Minucci
Professor Margelletti, che pensa dei missili su Kiev?
«Penso
che se qualcuno avesse ancora avuto dei dubbi questa è la palese
dimostrazione del totale disprezzo che Putin nutre nei confronti
del dialogo diplomatico. Inoltre bisogna anche considerare che questa
non è un’operazione figlia di una decisione emotiva dell’ultima ora. Si
tratta di un’operazione complessa, meditata con calma che prevede
l’utilizzo di una marea di forze speciali russe a Kiev oltre ai
mercenari della Wagner…».
Quindi era super-premeditata?
«Ma certo, prima si
è individuato l’obiettivo, poi si è messo a punto un complicato piano
di sincronizzazione. Perché il missile doveva esplodere a Kiev mentre
c’era la conferenza stampa di Guterres e Zelensky. Con precisione e
tempismo. Un’operazione politica, non militare, studiata a tavolino in
tutti i dettagli e decisa ai massimi livelli dello Stato».
Missili su Kiev durante incontro Zelensky-Guterres: la colonna di fumo nero dopo le esplosioni
Che cosa deve dedurre e fare l’Occidente, ora?
«Capire che
sperare nel dialogo è utopia allo stato puro. E che Putin – io lo
ripeto da molte settimane – alza sempre più la voce e la brutalità delle
azioni per estendere il conflitto a suo piacimento».
Giusto il giorno prima, a proposito i minacce aveva detto che i russi erano «Pronti a usare armi mai viste»?
«Che,
considerato il tipo di armi finora usate dai russi, mi preoccuperei di
più di un’altra emergenza, quella sì, sicura: si tratta dell’Africa che
resterà senza cibo con migliaia di persone che saranno costrette a
emigrare in Europa per sfamarsi».
Arriverà una nuova carestia?
«Purtroppo è un dato
di fatto. I territori sinora conquistati dai russi corrispondono al 30
per cento dei terreni ucraini coltivabili. Terreni che coltivabili non
saranno più. Questo raccolto sarà perso per anni. E vista la totale
dipendenza di una serie di paesi del nord e del centro dell’Africa, per
loro si profila una nuova, drammatica carestia. E per sfamarsi questo
popolo dovrà gioco forza emigrare. E spostarsi massicciamente in Europa,
con tutto quello che ne conseguirà: l’impatto sarà devastante. Non
dimentichiamo infatti che le primavere arabe esplosero per motivi legate
alla fame».
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