La mappa della spartizione, così Putin riscrive la Storia
Domenico Quirico
Vladimir Putin vuole riscrivere la Storia, esige di riscrivere la Storia quella che giudica illegittima, punitiva, che non gli aggrada per riempirla del vuoto glaciale della Necessità Storica e dei Grandi Fini. I suoi. Eccola qua la Storia riscritta, in una bella cartina dai molti colori e dalle tante bandierine di Paesucci satelliti irti di croci, madonne e aquile mono e bi-testa. Un manifesto che ci interpella delle intenzioni, o ambizioni, o illusioni, pubblicata sui siti russi. Alla fine all’Ucraina dovrebbero restare i territori occidentali, tutto l’ovest e il sud dalle fertili terre nere fino a Odessa e oltre ad avvolgere il Mar Nero saranno neo-repubbliche infeudate alla federazione russa. Soluzione possibile? Dall’inizio della guerra si è sempre verificato il male che si era temuto, mai il bene che si era sperato.
Altro che rimettere insieme i cocci dell’Unione Sovietica e dello sciagurato Gorbaciov! Qui si risale indietro a grandi bracciate, addirittura a Caterina II, la più russa delle sovrane e all’amatissimo favorito Potenkin, siamo nella seconda metà del Settecento. Perché questa è la carta della «Novorossja», i territori sulla costa settentrionale del Mar Nero che l’imperatrice gli affidò perché trasformasse terre desolate appena sottratte ai maledetti ottomani in terre fertili, da aride steppe in vasti giardini…
È vero, c’è poco da fare, l’epoca in cui sei nato non si sceglie. Ci si vive e muore. E questo vale anche per Putin che si crede onnipotente demiurgo. Ma la scelta del passato preferito dice molte cose: tutti, lo zar e la sua nomenklatura, i cosiddetti sgangherati ideologi, vivono una vita doppia se non tripla, pensano una cosa ne esprimono un’altra e ne realizzano un’altra ancora. Questa Russia così antica che modellano su carte teoriche passo dopo passo diventa sempre più reale per loro, subentra a pieno titolo a quella che esiste e la illusione del possibile domina la mentalità.
Quella era la Russia che definiva Mosca la terza Roma. Perché Caterina sognava di ricostruire l’impero bizantino, un vasto impero ortodosso protetto dalla Russia sulle macerie di quello ottomano. Uno degli storici preferiti della zarina, Vassilij Tatiscev, le garantiva, mentendo, che la antica lingua franca dell’impero greco era stata quella slava. Ci sono sempre bugie storiche dietro gli svaghi imperiali e sanguinari. Il cortigianesco Voltaire non scriveva alla sovrana del nord con cui teneva scenografica corrispondenza intitolando le lettere «Vostra maestà imperiale della chiesa greca»? Mentre il barone tedesco Grimm, altro interlocutore di lustro, la adulava come «imperatrice dei greci».
Il poeta di corte e uomo di stato, l’untuoso Dezarvin, la spronava a restituire «Atena ad Atene» e ristabilire il buon ordine nel «mondo di Jafet» ovvero in Europa. Che tentazioni! Si comincia sempre dalle steppe di Cherson e poi…
Le città che Potentik moltiplicò per russificare le nuove province, e dove oggi si combatte, Cherson, Nikolaiev, Odessa, furono disegnate in stile neoclassico e rococò, dovevano contenere negozi a semicerchio come i propilei, tribunali a forma di basiliche e una cattedrale sul modello di San Paolo fuori le mura. La maggior parte restò di cartone, tenuti in piedi per lo scenografico viaggio della sovrana alle basi militari e ai cantieri, dove passò sotto archi di trionfo, di cartone pure quelli, con la scritta «la via di Bisanzio». Più chiaro di così.
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