L’Occidente libero è il capro espiatorio sbagliato

di Beppe Severgnini

Le improbabili argomentazioni del ministro degli Esteri russo Lavrov

Cosa fai, quando capisci di aver sbagliato? Inventi scuse. Lo fanno gli allenatori dopo una partita persa, gli imprenditori dopo un investimento sballato, gli studenti dopo un’interrogazione finita male. Lo fanno anche i regimi e i loro portavoce, quando le cose si mettono male.

  Interessante l’intervista del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov all’agenzia cinese Xinhua. Ha detto, tra le altre cose: «La nostra operazione militare speciale in Ucraina contribuisce al processo di liberazione del mondo dall’oppressione dell’Occidente neo-coloniale, mescolata in modo pesante con il razzismo e l’esclusione di chi non rientra in questo quadro».

  Capire perché una vecchia volpe internazionale come Lavrov affermi certe cose non è difficile. Cerca appoggi fuori dalle democrazie. L’accusa al mondo libero di essere «neocoloniale» e «razzista» è un tentativo patetico di stendere una vernice ideologica su una guerra assurda e orribile, che Mosca aveva sottovalutato.

  I giornalisti, gli oppositori e gli uomini d’affari russi che muoiono misteriosamente? Non esistono. La corruzione endemica? Non se ne parla. Gli arricchimenti personali dei governanti, le famiglie allargate che vivono all’estero nel lusso? Tabù. Meglio tirar fuori improbabili «processi di liberazione». Se ci pensate, è il trucco che usano i despoti africani. Pare che funzioni.

  Meno facile è capire com’è possibile che, in Occidente, qualcuno si beva questa roba. È vero, le nostre democrazie non sono perfette. Ma volete la prova che qui si vive meglio che là? Moltissimi russi si trasferirebbero domani a Roma, Berlino, Londra, San Francisco, Melbourne. Quanti occidentali sono disposti a trasferirsi a Mosca, oggi? Quasi nessuno. Magari quelli che sventolano le bandierine russe sui profili social? Ma figuriamoci.

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