Decreto aiuti, Conte: “Sugli inceneritori è un ricatto. Draghi in Aula prima che a Kiev”
Annalisa Cuzzocrea
«Vogliono il braccio di ferro. Facciamolo. Sulla questione ambientale non possiamo permetterci passi indietro». Giuseppe Conte è al telefono con un ministro che lo avvisa di quel che avviene a Palazzo Chigi: il governo ha inserito nel decreto aiuti una norma sull’inceneritore di Roma. «Non c’entra nulla, non ha a che fare con i fondi stanziati contro il caro bollette e il caro vita» – hanno ripetuto per ore i 5 stelle – ma le proteste non hanno convinto Mario Draghi. È stata tolta la norma che avrebbe finanziato nuovi inceneritori nel resto d’Italia, non quella sulla capitale.
Il cellulare esausto del presidente del Movimento – appena uscito dagli studi di Metropolis, il podcast del gruppo Gedi – è attaccato a una presa elettrica, nella redazione romana della Stampa. Conte fa una pausa brevissima. Guarda i suoi collaboratori. Poi dice: «A questo punto non possiamo che astenerci. Si sta consumando un ricatto pazzesco, anche il ministro Cingolani non ne sapeva nulla. È l’azione di chi non sa cosa sia la transizione ecologica e non vuole nemmeno sentirne parlare».
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Presidente, l’emergenza rifiuti a Roma, lei la conosce perché
ci vive, si protrae da molti anni. Come affrontarla se non con un
termovalorizzatore?
«Non solo i cittadini romani, ma quelli
italiani e i turisti hanno diritto a una Roma pulita che risolva una
volta per tutte questo problema in modo strutturale. Per questo siamo
favorevoli a dare poteri straordinari al sindaco, ma non possiamo
riconoscergli una cambiale in bianco per la creazione di impianti a
tecnologia obsoleta come gli inceneritori».
Quelli di nuova generazione sono considerati “puliti” e vengono usati da moltissime città in tutto il mondo.
(Conte fa un cenno di disapprovazione).
Non è così?
«Noi siamo disponibili a concedere
pieni poteri per autorizzare nuovi impianti in base alle nuove
tecnologie ecosostenibili, non a rimettere indietro le lancette della
storia. Qui si vuole fare come per l’energia: ci sono 200 gigawatt di
richieste di autorizzazioni per impianti a fonti rinnovabili prigioniere
nei cassetti della burocrazia. Equivalgono a più di tre volte la
potenza delle centrali a gas e a carbone attualmente operative in
Italia. È su questo che dobbiamo puntare, non sulla riaccensione delle
centrali a carbone».
Non tutti sono convinti come lei che si possa fare a meno del
gas in questa fase di transizione, ma veniamo al resto del decreto
aiuti: è cresciuto arrivando a 14 miliardi. Le misure adottate dal
governo sono quelle giuste?
«È positivo che sia aumentata la
tassazione sugli extraprofitti per le aziende energetiche: una misura
che abbiamo richiesto a gran voce e che sta generando le risorse per
affrontare questa difficile congiuntura. Ritengo possibile estenderla
anche agli operatori farmaceutici e agli operatori assicurativi che
hanno accumulato profitti straordinari avvantaggiandosi di speculazioni
di mercato».
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