Dallo Zarismo a Stalin fino a Putin, i russi da sempre schiacciati da una memoria distorta
In questo vuoto gonfio di rimorsi e di dubbi si dovevano affrontare problemi come la fine della ideologia unica, del potere unico e della proprietà unica, e assorbire novità come la libertà di coscienza, il sistema parlamentare, la fine delle repressione di massa e della guerra fredda con l’Occidente. Le storie di disperazione personale dominavano il presente. Ognuno poteva raccontare storie di disagio, così grottesche e fantastiche da sembrare al di là della umana comprensione. La vita quotidiana, prima dominata dalle barriere infrangibili di un potere assoluto, si trasformava in un carnevale bizzarro che faceva girare la testa; sembrava non far parte di una esperienza possibile.
La riscrittura e la distorsione della Storia per questo diventarono un atto cruciale che l’abisso della memoria cancellata rendeva più semplice. Si trattava in fondo di uomini e donne per cui la stagione sovietica aveva fatto di tutto per sterminare la personalità trasformandola in un attributo dello Stato, storpiata sotto il peso del terrore delle polizie segrete. La massa critica di un ritorno all’indietro si stava formando su questa pericolosa impossibilità di ricordare qualcosa di encomiabile, e il burocrate modello Kgb era in agguato pronto a sfruttare l’occasione. Putin aveva nell’armadio l’imperialismo zarista e quello, così simile ma molto più efficace, di marca staliniana. Pensare sempre al nemico e scorgere ovunque tradimento e subdola aggressione, la psicologia della fortezza assediata: deve bastare a chi da sempre vive sul chi va là, perché il terremoto può capitare in qualsiasi momento.
LA STAMPA
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