Alpini: quel richiamo della foresta Caporetto della ragione

Le reazioni. Sono la cartina di tornasole dell’incapacità di un giudizio che non sia un pre-giudizio. A sollevare il caso non sono «account di estrema sinistra, antimilitaristi e fancazzisti» o «femministe in cerca di visibilità mediatica», ma ragazze che lavorano in un bar, servivano ai tavoli o stavano tornando a casa. Se non hanno sporto regolari denunce è comprensibile: riferiscono comportamenti che per la legge italiana stanno al confine dell’illecito penale, ma andrebbero evitati per non imbarazzare, oltre a chi ne è oggetto, se stessi e la storia che si rappresenta. «E gli immigrati a Capodanno a Milano?». Scatta sempre la molla sbagliata. È la condotta in sé che va valutata, la geografia e la storia di chi l’ha tenuta non sono né un’aggravante né un’attenuante.

Non si può credere a priori che tutti gli alpini siano impeccabili perché «hanno difeso i confini e costituito il fulcro della protezione civile», né che siano una massa indifferenziata «di avvinazzati e sessisti». È diventato faticoso, qui e ora, distinguere, non avere preconcetti, perfino ascoltare, ma è questa la battaglia da non disertare per evitare la Caporetto della ragione.

LA STAMPA

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