Europa, svegliati e ritrova te stessa attraverso la politica
I discorsi su etica e politica sono dunque vaniloqui se quest’ultima difetta di autonomia. L’Europa, che s’invoca proprio nel frangente che attraversiamo, ha a che fare con questi discorsi, con la libertà della politica? Sì, se guardiamo alle ragioni fondative del progetto della sua unità. Esistevano ottime ragioni per promuovere l’integrazione economica e commerciale in un libero mercato comune tra Stati storicamente ostili da cui si ipotizzava (a torto) che sarebbe venuta naturalmente l’integrazione politica, come effetto indotto. Ma, l’intenzione più profonda degli spiriti lungimiranti fu, per l’appunto, la creazione di uno spazio di libertà politica in un mondo spaccato in due, in cui la “guerra fredda” tra le due superpotenze obbligava gli Stati europei a schierarsi schiacciandosi o di qua o di là. Si sarebbe potuto trattare della creazione di un terzo polo sufficientemente forte per sviluppare una politica propria.
In politica, il numero due, nella specie Usa e Urss, è il numero della prossima probabile catastrofe, è il numero dei due lottatori avvinghiati tra loro fino alla fine di uno o di entrambi. In proposito, sarebbe istruttiva, anzi necessaria, la lettura dell’ammonimento di Bertrand Russell, nel 1957, cioè a ridosso della crisi dell’Ungheria, rivolto ai due “Potentissimi signori” di allora, Eisenhower e Krusciov. Il numero tre è, invece il numero dell’equilibrio dinamico in cui tutti possono essere “terzi” e il confronto politico può svolgersi non come lotta per distruggersi ma come confronto per accreditarsi gli uni rispetto gli altri. L’Europa come “terzo” era la generosa speranza, alternativa all’“equilibrio del terrore” e alla “strategia della tensione” sempre a rischio di sfuggire dal controllo e di degenerare in guerra aperta. Abbiamo per troppo tempo fatto come se “la Bomba” non esistesse e, oggi, il tabù che sembrava proteggerci si è rotto mostrandoci scenari terrificanti.
L’Europa politica ha un senso solo se afferma il suo diritto di “differenziarsi”, cioè di porsi come “terzo”. Altrimenti, sono sufficienti gli ambasciatori che comunicano ai governi la volontà della potenza egemone; oppure le visite dei capi dei governi che, senza mandato, si recano a riceverne le istruzioni o a fare promesse.
Riprendiamo da capo. Per poter parlare di etica politica non retoricamente occorre lavorare insieme per costruire lo spazio della differenziazione. L’Europa che non sa di essere se stessa e nemmeno ha l’orgoglio di cercare di esserlo non sarà mai un soggetto politico. E, meno che mai, lo saranno gli Stati che la compongono. La sua etica sarà quella dell’esecutore fedele, per non dire del servo, inutile per la pace.
REP.IT
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