Il governo così è al capolinea: meglio andare al voto in autunno

CARLO COTTARELLI

A meno di un cambio di passo da parte dei partiti che dovrebbero sostenere in pieno il governo Draghi, ma che invece sembrano più interessati a posizionarsi per le prossime elezioni, credo ci siano vari motivi per considerare di anticipare le elezioni politiche a inizio autunno.

Primo motivo: il governo aveva due compiti principali, ossia affrontare la campagna vaccinale e portare a casa un accordo con l’Europa sul Recovery Plan. Ha raggiunto entrambi gli obiettivi e bene. A quel punto Draghi avrebbe potuto diventare presidente della Repubblica, ma ciò non è avvenuto. All’epoca sostenni anch’io che sarebbe stato auspicabile che il governo andasse avanti fino a primavera 2023 data la necessità di portare avanti importanti riforme.

Ma, e questo è il secondo motivo, mi sembra che i partiti che sostengono il governo non stiano prestando la necessaria collaborazione. Non è certo colpa del presidente del Consiglio, ma ormai almeno qualcuno si muove già in un’ottica elettorale. La conseguenza è che si va avanti a forza di compromessi al ribasso. La riforma del catasto è un buon esempio. Già il testo inviato in Parlamento aveva una portata limitata (le informazioni sul valore degli immobili non avrebbero influito sulla tassazione e il lavoro di revisione sarebbe durato anni). Non è bastato. Difficile pensare che, quando verrà il momento di scrivere i decreti legislativi per attuare la delega fiscale sarà possibile trovare un accordo tra posizioni così diverse come quelle esistenti, per esempio, tra il PD e la Lega. La riforma della concorrenza procede tra annacquamenti vari. Di compromesso anche la soluzione trovata a fine 2021 per le pensioni: quota 100 è stata sostituita da quota 102, ma solo per un anno. Poi si vedrà. In generale, le riforme che dovranno essere attuate, pensiamo a quelle della pubblica amministrazione, richiederanno anni per essere implementate. Difficile pensare che l’implementazione sarà efficacie se le riforme risulteranno da un compromesso che rende scontenti tutti.

Terzo motivo: il Parlamento attuale è ormai lontano dal paese. L’anomalia più evidente è il ruolo sproporzionato del Movimento 5 Stelle che, nei prossimi mesi, sarà sempre più propenso a muoversi per recuperare consensi, piuttosto che sostenere vere riforme. Tanto vale allora andare a votare.

Quarto motivo: i mercati finanziari percepiscono che la disarmonia tra partiti di governo ne riduce l’efficacia. Lo spread, a 200 punti base, è tornato ai livelli del maggio 2020. Certo, le circostanze sono cambiate: l’inflazione (che crea incertezza) è aumentata e il sostegno dato dalla Bce al mercato dei titoli di stato è sceso. Ma, come minimo, l’effetto Draghi, date le fibrillazioni dell’attuale maggioranza, non ha l’effetto che aveva una volta.

Ci sono motivi per non anticipare le elezioni? La guerra in Ucraina è il primo che viene in mente. Ma, a parte il fatto che anche in quest’area i partiti della coalizione hanno idee molto diverse, sembra ormai che il conflitto si stia (purtroppo) cronicizzando e che potremmo dover aspettare a lungo prima di vederne la conclusione. Il secondo motivo per non andare a elezioni è il solito usato per scartare elezioni a inizio autunno: c’è la legge di bilancio. Ma questo non impedisce ad altri Paesi di andare a elezioni in autunno (per esempio il Portogallo nell’ottobre 2019 o la Germania l’anno scorso). Se il bilancio non venisse poi approvato entro fine anno, non sarebbe un dramma andare all’esercizio provvisorio. Terzo motivo: se il Parlamento fosse sciolto prima del 23 settembre, il 70% dei parlamentari perderebbe i contributi sociali versati, a meno di essere rieletto. Ma questa regola, che fra l’altro è insensata perché un cittadino che cambia lavoro non perde i contributi versati nel lavoro precedente, potrebbe essere eliminata. Quarto motivo: si creerebbero ritardi nell’implementazione del Pnrr e perderemmo i 20-25 miliardi erogati dalla Recovery and Resilience Facility per il secondo semestre del 2022. A parte il fatto che il problema si ripresenterebbe anche con elezioni nel marzo-aprile 2023, l’art. 21 del regolamento della Facility prevede la possibilità di modificare il piano (e quindi anche le relative scadenze) per “circostanze oggettive” e certo elezioni anticipate costituirebbero circostanze oggettive. Ultimo motivo: quest’anno saranno rinegoziate le regole sui conti pubblici europei e la credibilità di Draghi può giocare a nostro favore. Vero, ma, visti gli sviluppi geopolitici ed economici, è possibile (e lo si saprà presto) che le regole siano sospese anche per il 2023 e siano rinegoziate il prossimo anno. Il problema non sussisterebbe.

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