Il governo alla prova della Nato allargata

di Stefano Folli

Come era prevedibile, lo scontro sulla politica estera si espande. Non è solo la questione ucraina, ossia la polemica sulle armi italiane a Kiev: ora irrompe un altro tema, persino più spinoso, vale a dire la prospettiva che il Parlamento italiano sia chiamato abbastanza presto a pronunciarsi sull’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato. Sappiamo che i tempi non saranno lunghi: ancora ieri Helsinki ha sollecitato una procedura di adesione accelerata e Stoccolma non è da meno. In entrambe le nazioni il timore della Russia, delle sue minacce dirette o indirette, si è persino ingigantito negli ultimi giorni. Logico che le due capitali chiedano di fare presto e si aspettino un’Alleanza Atlantica disposta a dar loro ascolto saltando qualche passaggio burocratico. Se così avverrà – e sta già avvenendo – l’adesione dovrà passare al vaglio di tutti i Paesi membri. In Italia l’arcipelago che si definisce “pacifista” si sta già organizzando sul piano mediatico. C’è chi confonde “adesione” con “annessione” ed è difficile credere che l’errore sia fatto in buona fede, ignorando che fino a questo momento l’unica annessione – sia pure non riconosciuta dalla comunità internazionale – è quella della Crimea da parte di Mosca. È vero che al momento la reazione anti-Nato per i casi di Svezia e Finlandia riguarda l’esercito dei “talk show” più che la politica. Ma è solo una questione di tempo. Anche perché sul problema delle armi non c’è alcuna possibilità che le Camere siano chiamate a votare. Il prossimo giovedì 19, Draghi fornirà un’informativa sul viaggio a Washington e sulle decisioni che il governo ha assunto rispetto alla guerra. Tuttavia la copertura parlamentare esiste già ed è il decreto votato il primo marzo e valido fino al 31 dicembre, in cui sono previsti aiuti all’Ucraina per sostenere “il suo diritto alla legittima difesa”.

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