Marat Gabidullin, l’ex comandante del Wagner Group: “Generali impreparati e male informati. Putin ormai è chiuso nel suo mondo”
JACOPO IACOBONI
«La Russia non aveva le informazioni e l’intelligence giuste sull’Ucraina. Non ha un Comando centrale unificato sul campo. Ha un miscuglio di gruppi che non si coordinano tra loro, l’esercito, la Rosgvardia, i kadyroviti, e i generali del Cremlino si fanno belli con le morti di chi si sacrifica sul campo. Alla fine la guerra la Russia la perderà, ma le vittime civili saranno ancora tante, le vittime militari saranno ancora tante, la guerra non sarà breve».
Chi parla così, in una città europea, è Marat Gabidullin, 50 anni, ex dell’aeronautica russa e soprattutto ex comandante del Wagner Group, il più temuto gruppo mercenario al mondo, finanziato dall’oligarca Evgheny Prigozhin (il “cuoco di Putin”, proprietario tra l’altro della troll factory di San Pietroburgo, e ovviamente in cima alle sanzioni americane e europee, ha sempre negato). La “Wagner” è stata per anni il terrore negli scenari di guerra ibrida, mercenari russi che hanno combattuto nelle situazioni più sporche del pianeta, in Siria, Libia, Centroafrica, e adesso, checché ne dica Serghey Lavrov, sono presenti anche in Ucraina. Gabidullin ha scritto un libro, Io, comandante di Wagner (Libreria Pienogiorno), che ora esce in italiano, ampliato rispetto all’edizione russa (dove c’erano state molte omissioni «per sfuggire alla censura»). Non è il libro di un pentito, questo bisogna saperlo. Piuttosto di uno che vuole difendere i suoi compagni dicendo la verità sul Cremlino, sui suoi generali, sulla «assurda guerra in Ucraina».
Lei nel libro scrive che ormai Wagner è male armata e male addestrata. Cosa è successo?
«Nel 2016, contro l’Isis in Siria, avevamo più munizioni e eravamo meglio equipaggiati, avevamo anche carri armati T-90. Dal 2017 abbiamo cominciato ad avere una quantità molto limitata di munizioni. A Hama gli americani sapevano tutte le nostre mosse in anticipo, e fu un massacro. Alla fine della battaglia di Palmyra, gli unici carri armati che avevamo erano cinque T-72 sottratti ai siriani».
Lei dice che i morti di Wagner vengono taciuti e ignorati dal Cremlino. Ormai la brigata viene mandata allo sbaraglio?
«Non esattamente allo sbaraglio, almeno fino al 2017 erano combattenti addestrati molto bene. Oggi non più. Non c’è training, non c’è coordinamento delle azioni. Lo si è visto anche all’Isola dei Serpenti. Le vittorie in Siria furono dovute principalmente ai morti della Wagner, mentre i generali del Cremlino si fanno belli e vengono promossi. Ma l’Isis non aveva artiglieria, droni turchi, mezzi corazzati. In Ucraina è tutto completamente diverso».
Il ministro degli esteri russo Lavrov dice che Wagner non è in Ucraina.
Gabidullin sorride. «I politici non mentono mai: diciamo che non dicono mai tutta la verità. Io penso che veramente Wagner non ci sia in quanto tale, ci sono tantissimi contractor di Wagner con qualcun altro che dirige le loro azioni».
Un’altra società rispetto a quella per cui lavorò lei (la Evro Polaz di Prigozhin)?
«Sicuramente i combattenti di Wagner oggi in Ucraina non vengono comandati da una società qualsiasi ma dalle forze ufficiali russe. Altrimenti sarebbe il caos».
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